Public utility, un’impresa su sette è in Lombardia

Produzione e fornitura di energia elettrica, gas, acqua, costruzioni di strade e autostrade, telecomunicazioni, smaltimento rifiuti. Questi i settori della public utility, un’industria che in Italia annovera 33mila imprese, di cui quasi 5000 risultano attive in Lombardia. In pratica, una su sette. Da quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati registro imprese 2018, 2017 e 2013, la Lombardia è prima in Italia, con circa 65mila addetti su 357mila totali, seguita da Campania, Lazio e Sicilia, che contano circa 3000 attività. Per quanto riguarda la crescita del settore, in cinque anni a livello nazionale la public utility è cresciuta del 10,7%, e in Lombardia dell’1,5%.

I numeri della pubblica utilità in Regione

A livello regionale su 4.649 imprese attive in Lombardia 2000 sono le realtà attive nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata, mentre 1.127 quelle legate ai lavori di ingegneria civile. Solo l’8,5% delle imprese è però a guida femminile (1.035), mentre  a Lodi sono il 15%, e il 12% a Como.

Oltre a Milano, tra le città lombarde classificate ai primi posti per numero di imprese ci sono Brescia e Bergamo, con quasi 600 imprese, che occupano rispettivamente 11mila e 5000 addetti. Superano le 200 imprese Varese e Monza, entrambe con 4000 addetti, e Como, con 1.203 addetti. A crescere di più in cinque anni è Milano (+10,1%), seguita da Mantova (+9,1%) e Lecco (+7%).

Roma, Milano, Bolzano sul podio nazionale

Sulle circa 33mila imprese attive in Italia 12mila si occupano di produzione e fornitura di energia e gas (+27,6%), e 11mila di ingegneria civile. Solo un’impresa su nove è a guida femminile (quasi 5000), più numerose a Roma (251) e Napoli (171), dove rappresentano il 13,3% del totale.

Nella classifica italiana della public utility, prima è Roma, con 2.214 attività e 61 addetti (+3,7% dal 2017, +11,4% dal 2013), seguita da Milano, con 2.004 imprese e 34mila addetti (+0,3% in un anno e +10,1% in cinque anni), e da Bolzano, con 1.471 imprese 4.795 addetti (+5,8%, +65,5%).

La classifica continua con Napoli, (1.285 imprese, 8.514 addetti, +4,3%, +15%), Torino (1.046 imprese e 16.843 addetti, +0,6%, +4,2%) e Bari, con 793 imprese, mentre superano le 600 imprese Salerno, Trento e Caserta.

Tra le prime dieci provincie italiane a crescere di più in cinque anni Bolzano (+65,5%), Salerno (+29,9%) e Caserta (+24,2%).

“Settori significativi legati alla qualità della vita anche nelle abitazioni”

“Si tratta di settori significativi, legati alla qualità della vita anche nelle abitazioni – spiega Beatrice Zanolini, consigliere della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi -. Grazie alla rapida innovazione nel settore, i nuovi immobili offrono sempre più soluzioni con minore impatto ambientale. Il mercato chiede servizi sempre più efficienti che permettano di ottimizzare i consumi, di vivere gli spazi in modo innovativo e di migliorare la qualità delle attività quotidiane, fuori e dentro casa”.

Ecco l’identikit del navigator. Quali i requisiti richiesti?

Insieme al reddito di cittadinanza arriveranno anche i navigator, i tutor assunti allo scopo di aiutare chi percepisce il sussidio a trovare lavoro. Si tratta delle figure chiave attorno a cui ruotano i centri per l’impiego. E rappresentano un esercito di 10 mila professionisti che l’Anpal, l’Agenzia nazionale per il lavoro, conta di assumere a breve, con contratti di collaborazione di due anni.

Ma come si diventa navigator, e quanto si guadagnerà? Innanzitutto servirà la laurea, in particolare una laurea magistrale in Economia, Giurisprudenza, Sociologia, Scienze politiche, Psicologia o Scienze della formazione. Secondo quanto riporta il Sole 24 Ore, la loro retribuzione dovrebbe oscillare intorno ai 30mila euro annui, cioè circa 1.700/1.800 euro netti al mese, contributi esclusi.

Previsto un periodo di formazione sul campo di 6/8 mesi

La selezione dei futuri navigator avverrà per titoli e colloqui, e l’Agenzia conta di assumerne 6mila già entro maggio. A breve dovrebbe essere pubblicata una call (una chiamata pubblica) sul sito dell’Anpal con un avviso di 15 giorni per le domande. Il governo si aspetta di ricevere tra le 50mila e le 60mila candidature. E se l’esperienza costituirà titolo preferenziale dopo l’assunzione è previsto comunque un periodo di formazione sul campo della durata di 6/8 mesi.

Competenze specifiche per operare sul mercato del lavoro italiano

Ma qual è l’identikit del navigator? Il nuovo presidente di Anpal indicato dal governo, il professor Domenico Parisi, ha chiesto ad Anpal Servizi di individuare le competenze specifiche che deve avere il navigator per operare sul mercato del lavoro italiano, dalla legislazione alle regole fino alla capacità di incrociare domanda e offerta di lavoro.

“Ho incontrato il professor Parisi – spiega ad Adnkronos/Labitalia Maurizio Del Conte, presidente uscente di Anpal – sto cercando di dargli tutto il supporto per metterlo al corrente della complessità del sistema e quindi consentirgli di lavorare al meglio quando prenderà l’incarico”.

“Faremo riferimento alle caratteristiche degli operatori dei centri per l’impiego più esperti”

“Naturalmente – continua Del Conte – faremo riferimento a quelle che sono le caratteristiche degli operatori dei centri per l’impiego più esperti, con più capacità”. In sintesi, il navigator deve conoscere le regole, ovvero benefici, incentivi e sussidi di disoccupazione, e le varie differenze messe in campo a livello regionale e territoriale. Deve inoltre avere conoscenza tecnica e giuridica precisa, capacità di orientatore, e valutatore le competenze professionali di chi si presenta allo sportello, in modo tale da realizzare un bilancio delle competenze del disoccupato. Deve poi essere capace di comprendere come si muove il mercato a livello territoriale, per essere in grado di incrociare domanda e offerta di lavoro, le imprese con i beneficiari del redito di cittadinanza.

Rc Auto, nel 2019 sarà più cara. Ma non per tutti

Quasi 1,2 milioni di automobilisti italiani nel 2019 vedranno aumentare la classe di merito della propria Rc auto: si tratta di coloro che nel 2018 hanno denunciato un sinistro con colpa. In termini percentuali un numero pari al 3,83% di un campione di 500mila preventivi di rinnovo Rc Auto raccolti tramite le pagine di Facile.it. Insieme alla classe di merito, questi automobilisti vedranno però aumentare anche il costo dell’assicurazione stessa. La buona notizia è che il dato è in diminuzione di quasi il 10% rispetto all’anno precedente, quando ad aver denunciato sinistri con colpa erano stati il 4,22% degli automobilisti alle prese con il rinnovo della polizza.

Una voce di spesa che incide sulle famiglie

Nonostante il calo delle tariffe registrato nel secondo semestre del 2018 a dicembre dello stesso anno il premio medio è nuovamente aumentato toccando i 580,67 euro, valore superiore del 3,16% rispetto allo stesso mese del 2017.

“Secondo l’indagine che abbiamo commissionato all’istituto di ricerca mUp Research – spiega Diego Palano, responsabile Assicurazioni di Facile.it – lo scorso anno l’Rc Auto è stata una delle voci di spesa che ha inciso di più, almeno psicologicamente, sul bilancio delle famiglie, ed è quella sulla quale anche nel 2019 si cercherà di risparmiare maggiormente”.

Donne e pensionati pagheranno di più

Ma qual è il profilo degli automobilisti che nel 2019 sborseranno più denaro all’assicurazione? Se i pensionati sembrano essere gli automobilisti meno prudenti (4,46%) fra le donne la percentuale è più alta (4,33%) rispetto agli uomini (3,55%). L’età media del conducente a cui aumenterà il premio è di 46 anni, e i giovani neopatentati (tra 18 e 20 anni) in percentuale hanno denunciato meno incidenti rispetto alla media nazionale: solo il 2,03 %. Forse per maggiore insicurezza al volante. Quanto alle professioni, impiegati (4,26%), insegnanti (4,21%), e personale medico (4,18%) segnano valori sopra la media nazionale. Nessuna sorpresa per i più virtuosi. Stabili nelle prime posizioni gli ecclesiastici (2,23%) e le forze armate (2,49%).

Liguria, Lazio e Marche le regioni meno virtuose

A livello geografico la regione di automobilisti meno virtuosi è la Liguria (5,09%), seguita da Lazio (4,95%), Marche (4,87%) e Toscana (4,87%). In senso opposto, la classifica segna i valori più bassi in Molise (1,13%), Calabria (1,52%) e Basilicata (1,53%).

Rispetto alla classifica del 2018 tutte le regioni hanno registrato valori in calo, a eccezione della Valle d’Aosta dove la percentuale è passata dal 2,70% al 3,23%. In ogni caso, le aree del Paese dove le percentuali sono calate maggiormente sono l’Umbria (dal 6,22% al 4,53%), la Basilicata (da 2,76% a 1,53%) e il Friuli-Venezia Giulia (da 4,39% a 3,32%).

Italia generosa: tra le 5 nazioni Ue più attive in filantropia

L’Italia si colloca, forse un po’ a sorpresa, nella classifica delle 5 nazioni più generose. Già, perché il nostro Paese riconosce circa un miliardo di euro in donazioni. Questa nuova, inaspettata qualità è emersa dal VI Philanthropy Day promosso da Fondazione Lang Italia, un’occasione di confronto con 200 fondazioni che si è tenuta recentemente a Milano.

Esiste un indice di generosità mondiale

A dirla tutta, il nostro paese si colloca all’84esima posizione nella classifica generale dell’ultimo World Giving Index (2017), Indice di generosità mondiale elaborato da Charities Aid Foundation analizzando i dati di 139 paesi. Però, è qui arrivano le belle notizie, l’Italia nella graduatoria dedicata della propensione al dono sale di molto, arrivando a ricoprire la 54esima posizione. Una tendenza confermata anche dall’ultima stima dell’ENROP (European Research Network on Philanthropy), che oltre a vedere l’Italia al secondo posto in Europa per donazioni da individui, con 7,2 miliardi di elargizioni (dopo UK, con 16,4), la posiziona nella top five dei Paesi in cui le imprese erogano più risorse con finalità filantropiche, con 1 miliardo di donazioni complessive, dopo Germania (11,2), Francia (2,8), UK (2,7) e Paesi Bassi (1,4).

Filantropia per una welfare society

Soprattuto da parte delle imprese, la filantropia può rivestire un ruolo fondamentale nella creazione di una welfare society. Spiega Tiziano Tazzi, presidente di Fondazione Lang Italia: “Ci si concentra sopratutto sulla cosiddetta filantropia strategica, vero e proprio motore di miglioramento sociale che supera il “modello bancomat” a sostegno di singoli progetti puntando invece su interventi più strutturati, a lungo termine e sull’empowerment delle competenze di promotori e beneficiari. Questo con il duplice obiettivo di aumentare l’impatto di ogni azione e di rendere i risultati sostenibili e misurabili”.

Le fondazioni le più attive

Tra i maggiori protagonisti della filantropia strategica in Italia ci sono le fondazioni, soprattutto quelle d’impresa. Queste ultime in particolare, pur essendo appena 150 su un totale di 6.451, da sole erogano ogni anno circa 200 milioni per realizzare interventi filantropici di innovazione sociale. Secondo i dati più recenti (INSEAD 2016) in Italia le fondazioni corporate hanno gestito in autonoma il 37% dei progetti filantropici. Le principali aree di intervento a livello nazionale ed europeo (Cecp – Committee Encouraging Corporate Philanthropy) sono quelle della salute (26%) e dell’istruzione, specialmente per la fascia d’età inferiore ai 12 anni (16%). In Europa la filantropia per interventi di pubblica utilità muove complessivamente circa 60 miliardi di euro l’anno da oltre 140.000 tra donatori e fondazioni.

Le aziende richiedono capacità 4.0, soprattutto per la gestione dei dati

Le aziende si attrezzano per affrontare i cambiamenti della quarta rivoluzione industriale, e ai neoassunti chiedono di saper gestire e applicare le tecnologie 4.0: nel 2017 un’assunzione su 3 ha infatti richiesto al candidato capacità digitali. Allo stesso tempo però le aziende puntano anche ad aumentare le conoscenze 4.0 delle risorse umane già presenti, e si stanno organizzando per sviluppare corsi di formazione specifici. Tanto che il 30% delle imprese ha già svolto, o intende avviare nei prossimi 12 mesi, percorsi di formazione interni all’azienda. Ovviamente su temi relativi all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Questo è quanto emerge dai test di autovalutazione sulla maturità digitale di oltre 2.800 imprese.

Formazione su big data, analytics e cloud

I dati dei test, effettuati sul portale delle Camere di commercio, sono stati elaborati da Unioncamere tramite il sistema informativo Excelsior. Secondo le rilevazioni, lo scorso anno il 34,2% di oltre 4 milioni di ricerche di personale programmate si è indirizzata verso profili professionali con competenze 4.0. E le aziende che hanno già avviato percorsi formativi interni, riporta Ansa, si sono concentrate principalmente sulle tecnologie per la gestione dei dati. Nel 54 % dei casi i corsi infatti hanno riguardato soprattutto big data, analytics, cloud, mentre solo il 21 % dei casi ha attuato formazione su tecnologie hardware, come la robotica o la stampa 3.D.

Abilità digitali di base richieste al 57,7% dei profili in entrata

Oltre alle competenze 4.0 ai candidati le aziende richiedono innanzitutto le capacità informatiche di base, ritenute caratteristiche ormai imprescindibili per affrontare i cambiamenti prospettati dalla digital transformation, Nel 2017 la competenza che ha registrato la maggiore frequenza di richiesta riguardava proprio l’utilizzo delle tecnologie internet e la gestione degli strumenti di comunicazione visiva e multimediale, pretese dal 57,7% dei profili in entrata. Il 50,9% delle aziende chiede inoltre ai neoassunti la capacità di utilizzare linguaggi matematici e informatici per organizzare e valutare informazioni qualitative e quantitative.

Quasi 33 milioni di euro in voucher per le Pmi 4.0

“Le tecnologie sono un fattore strategico per la crescita, soprattutto delle piccole imprese, ma è importante agire rapidamente”, afferma il segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli. Per questo motivo le Camere di commercio, insieme a i Pid (la rete dei punti di impresa digitale realizzata all’interno del Network impresa 4.0), hanno già coinvolto più di 10 mila aziende italiane con eventi informativi e self-assessment. E hanno stanziato quasi 33 milioni di euro in voucher, destinati al processo di “trasfomazione digitale” delle Pmi.

“In prospettiva – aggiunge Tripoli – entro il 2019 contiamo di raggiungere altre 20 mila imprese, e mettere a disposizione ulteriori 12 milioni di euro”.

Roma regina dell’estate, ad agosto 2018 oltre 1 milione di arrivi

Ad agosto Roma supera il milione di visitatori, e taglia il traguardo con 1.018.288 arrivi e 2.577.8003 presenze. Una crescita, rispettivamente, del +3,45% e del +3,25% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Di cui significativa è l’incidenza dei visitatori stranieri: secondo dati Ebtl, Ente Bilaterale Territoriale Turismo Regione Lazio, gli arrivi stranieri sono stati 815.332 e 2.116.040 le presenze.

“Nel solo mese di agosto il tasso d’internazionalizzazione della domanda turistica capitolina è schizzato all’82,09% – dichiara Carlo Cafarotti, Assessore allo Sviluppo economico, Turismo e Lavoro di Roma Capitale -. Stiamo polarizzando sempre più visitatori provenienti da mercati emergenti, in particolar modo dalla Cina”, entrata ufficialmente nella top ten dei turisti stranieri a Roma.

A settembre-ottobre più turisti cinesi

Secondo le prenotazioni effettuate nelle strutture alberghiere della capitale nei mesi di settembre-ottobre i cinesi a Roma aumenteranno del 4% (arrivi) e del 5% in termini di presenze. Entro il 2020 la Cina sarà il Paese con il maggior numero di turisti all’estero. “Noi vogliamo che scelgano noi – sostiene Cafarotti -. In tal senso, lavoriamo a stretto contatto con l’Aeroporto di Fiumicino, gatheway europeo per la Cina, con le Associazioni di settore e con i nostri professionisti di filiera”.

Non meno importante la nuova sinergia stabilita con il Programma europeo International Urban Cooperation, che vedrà Roma e tre città cinesi impegnate nello scambio integrato su temi di smart city, mobilità, efficienza energetica, sviluppo e turismo.

La performance migliore la stabilisce il lusso

Trend positivo anche per la fascia del lusso, che rispetto al mese di agosto 2017 registra un aumento del 4,68% (arrivi), e del 4,64% in fatto di presenze. Di gran lunga la miglior performance di settore, riferisce Askanews.

Più turisti a Roma, quindi, e anche di qualità. “Stiamo modellando la nostra offerta in base all’analisi dei flussi e al target di visitatori che si va delineando nella capitale – spiega ancora Cafarotti -. Il viaggio a Roma è esperienziale, può essere ritagliato su misura a seconda delle diverse esigenze di ognuno. Di qui, i nostri percorsi dell’arte, del gusto, della moda, del verde o semplicemente la nostra Roma per famiglie”.

La Capitale traina il comparto a livello nazionale

“Di qui, soprattutto, la nostra attenzione alla specializzazione della filiera dell’accoglienza e alla cura degli itinerari proposti – puntualizza l’Assessore -. Perché la capitale, regina delle città d’arte e traino di comparto anche nazionale, fa da apripista alla valorizzazione di tutto il territorio circostante. Sempre più visitatori, giunti a Roma, colgono l’occasione di visitare altri luoghi del Lazio – afferma Cafarotti -. Il nostro impegno in questo è totale, certi che la messa a sistema di mezzi, strategie e risorse, resti il modo più efficace per valorizzarle tutte”.