Mind Health: il 28% degli italiani riporta una forma di disturbo mentale

Obiettivo, promuovere una cultura che superi lo stigma e sostenga la prevenzione. È questo l’impegno del Gruppo AXA sui temi della salute e del benessere mentale, che in collaborazione con IPSOS ha condotto l’edizione 2024 di Mind Health Report, l’indagine svolta in 16 Paesi, tra cui l’Italia. 
Dai dati emerge come il 60% degli italiani nel 2023 dichiari di aver affrontato almeno una difficoltà personale, in particolare le donne e i giovani.

Insomma, la salute mentale continua a destare preoccupazione a livello globale, con il 32% della popolazione che riporta una forma di disturbo mentale, percentuale in aumento di 5 punti rispetto al 2022.
Un quadro che desta preoccupazione anche in Italia, dove la percentuale scende al 28%, ma rispetto allo scorso anno cresce di 6 punti.

Ansia e depressione i disturbi più comuni

Se ansia (14%) e depressione (12%) sono i disturbi più comuni, ciò che emerge da questa nuova edizione del report è la scarsa consapevolezza sul tema del benessere mentale e sull’importanza di un supporto professionale. Cresce infatti il trend relativo all’autodiagnosi e alla gestione autonoma dei disturbi. Rispetto al 2022, il numero di diagnosi effettuate da professionisti è in calo, mentre salgono significativamente le diagnosi fatte in autonomia o su Internet (+8%).

Inoltre, 9 italiani su 10 (88%) valutano la propria condizione mentale come buona o media, mentre un quarto della popolazione (26%), ad esempio, manifesta sintomi riconducibili a depressione, ansia o stress in forma grave o molto grave.

Ma gli italiani preferiscono non consultare il medico

Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire i disturbi relativi al benessere mentale, un trend in aumento di 7 punti rispetto al 2022, e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%).
Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha consultato un medico quest’anno.

A livello globale le difficoltà mentali tendono a esser ricondotte principalmente a ragioni personali (33%) piuttosto che professionali (23%).
Tuttavia, in Italia come nel resto del mondo, il 76% dei lavoratori sta manifestando almeno un disturbo collegabile al lavoro, tra cui stanchezza, perdita di energie e di interesse, disturbi del sonno, stress e ansia.

Lavoro: il disimpegno è un campanello d’allarme

La condizione di disagio attraversa trasversalmente tutta la popolazione aziendale, ma è significativa l’evidenza che vede i giovani riportare percentuali di disagio in linea con la popolazione più anziana.

Il disimpegno è uno dei primi campanelli di allarme che le aziende dovrebbero prendere in considerazione. Nonostante il dato sia più basso della media, il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro (rispetto al 69% a livello globale), mentre il 44% sta pensando di lasciare o cambiare impiego.

A livello globale, il 23% dei lavoratori ha preso un congedo per malattia a causa di problemi di benessere mentale (38% tra i giovani lavoratori).
In Europa, comunque, è l’Italia il Paese con il minor numero di assenze per malattia (16% vs 22% Europa).

Giovani e intelligenza artificiale, quali i rischi per i teenager?

I più giovani hanno per definizione un notevole interesse e una grande confidenza con la tecnologia. Sono infatti sempre alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Questa tendenza è stata confermata dalla ricerca sul tema “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro e presentata recentemente in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo mirato a sensibilizzare sull’utilizzo consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Il 94% dei ragazzi conosce l’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare di Intelligenza Artificiale e conosce la sua definizione, mentre il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’IA, tanto da consigliarne l’utilizzo a familiari e amici (24%). Per il 13%, l’Intelligenza Artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi quotidiani e ricevere supporto nelle sfide emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

I giovani sono sempre più utilizzatori e consumatori di servizi internet, ma non mancano le preoccupazioni in merito. In particolare, il 31% del campione teme un possibile furto d’identità. Il 28% si preoccupa per la privacy e la sicurezza dei propri dati personali. Altri potenziali rischi riguardano la scarsa protezione da situazioni dannose e violente, con il 21% che ha paura di danni alla reputazione dovuti alle immagini generate dall’AI. Il 20% teme di entrare in contatto con contenuti inappropriati, mentre il 10% esprime preoccupazione per la creazione di immagini pedopornografiche.

ChatGpt, uno strumento noto

L’indagine ha esaminato anche l’uso di chatbot da parte dei ragazzi. Il più famoso, ChatGpt, risulta conosciuto da 8 ragazzi su 10. Il 6% lo utilizza quotidianamente, mentre il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo di ChatGpt sia la facilità d’uso e la possibilità di essere utilizzato per diverse attività. Tuttavia, il 34% sottolinea la difficoltà nell’avere accesso a fonti sicure e attendibili, mentre il 51% teme che l’utilizzo renda più pigri.

Per concludere

In conclusione, i giovani italiani dimostrano una buona conoscenza e un’accoglienza favorevole verso l’Intelligenza Artificiale. Allo stesso tempo, però, le nuove generazioni esprimono alcune preoccupazioni riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici. I teenager italiani sono quindi ben disposti nei confronti dell’IA, però manifestano anche un pensiero critico fondamentale per un corretto utilizzo.

Ransomware, oltre un miliardo di dollari di riscatto nel 2023. Cosa succederà adesso?

Nel corso del 2023, gli attacchi di ransomware hanno raggiunto livelli senza precedenti, prendendo di mira primarie istituzioni  e infrastrutture sensibili, tra cui ospedali, scuole e agenzie governative. Non solo: software malevoli di trasferimento file come MOVEit sono stati utilizzati per attaccare aziende di fama internazionale come la BBC e la British Airways.

Complessivamente, i cybercriminali hanno estorto alle vittime, come riscatto, oltre un imiliardo di dollari in criptovaluta. Lo rivela un recente rapporto della società tecnologica Chainalysis.

Il 2023: anno di svolta per il ransomware

Il 2023 rappresenta un punto di svolta per il ransomware, dato che nel 2022 si era registrato un deciso calo degli attacchi. L’anno passato i pagamenti di ransomware hanno superato la soglia del miliardo di dollari, il massimo mai registrato. Sebbene il 2022 avesse mostrato una diminuzione nel volume di questi riscatti, l’andamento complessivo dal 2019 al 2023 traccia un’escalation del problema. Tra l’altro, la cifra record indicata – più di un miliardo di dollari – non include l’impatto economico derivante dalla perdita di produttività e dai costi di ripristino associati agli attacchi.

Il 2022 è stato un’anomalia, purtroppo non una tendenza 

Il 2022 aveva visto una diminuzione delle attività di ransomware, influenzata da vari fattori, tra cui eventi geopolitici come il conflitto russo-ucraino. Questo conflitto aveva distratto gli hacker, spostando la loro attenzione verso attacchi informatici motivati politicamente e trascurando quelli di tipo finanziario. Tuttavia, nel 2023 il ransomware “tradizionale” è ripartito con una maggiore forza. 

I trend emergenti

Il 2023 ha visto una crescita esponenziale nel numero di minacce informatiche, con 538 nuove varianti di ransomware segnalate da Recorded Future. La “caccia grossa”, come la definisce Chainalysis, è diventata la strategia dominante, con una percentuale sempre maggiore dei pagamenti di ransomware superiore a un milione di dollari.

Il rebranding e l’utilizzo di ceppi sovrapposti di software malevoli restano il modus operandi dei cybercriminali, che così riescono a colpire più volte le stesse vittime – ma con nomi diversi –  e a evitare l’individuazione.

Per concludere

In conclusione, l’anno appena passato ha portato cambiamenti significativi nel panorama del ransomware, con tattiche sempre più sofisticate, l’aumento di gruppi di criminali informatici  e l’uso di exploit zero-day per attacchi di grande portata. La diffusione del RaaS e la semplificazione degli attacchi indicano un approccio più efficiente e aggressivo da parte degli hacker. 

Le buone notizie sono che l’ecosistema del ransomware è più piccolo di quanto sembri, e la blockchain consente di identificare i rebranding a opera degli stessi gruppi. Per queste ragioni, sono necessarie una costante vigilanza e una immediata risposta per contrastare tale minaccia.

La patente di guida non è più uno status: i giovani italiani… aspettano

Patente appena compiuti i 18 anni? Sì, ma non per tutti. Il desiderio di mettersi alla guida, un tempo così sentito, in Italia sembra essersi offuscato un po’. Tanto che l’età media per ottenere la patente è di circa 19 anni e 10 mesi. Lo rivela una recente indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat. In particolare, il 50% degli intervistati ha conseguito la patente a 18 anni, il 23% a 19 anni e il 10% a 20 anni, mentre solo uno su sei l’ha ottenuta dopo i 21 anni.

Sebbene oltre il 90% degli italiani tra i 18 e i 74 anni possieda la patente, emerge una differenza di genere nel momento di ottenere la licenza, con gli uomini che in media la conseguono quasi un anno prima rispetto alle donne.

Il 10% dei ragazzi preferisce i mezzi alternativi (specie in città)

L’auto è tradizionalmente considerata uno status symbol in Italia, ma l’indagine rivela che solo la metà dei diciassettenni ha l’intenzione di prendere la patente immediatamente dopo aver raggiunto la maggiore età. Il 32% ha dichiarato di volerla ottenere, ma con calma, mentre circa il 10% ha affermato di non avere intenzione di prendere la patente perché si sposta con mezzi alternativi.

Questa tendenza è più evidente nelle grandi città, dove le opzioni di mobilità sono maggiori. Alcuni intervistati (circa il 10%) hanno ammesso di non sapere quando o se otterranno la patente, indicando che non è una priorità immediata per loro.

Voglia di guidare maggiore nel Sud e nelle Isole

A livello geografico, emerge una differenza nelle intenzioni dei diciassettenni: nel Sud e nelle Isole, il 63% vuole ottenere la patente subito, mentre al Nord la percentuale di chi intende farlo con calma arriva al 39%.

Analizzando la fascia di età 18-24 anni, la percentuale di coloro che hanno la patente scende al 73%, e i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicano un calo costante nella quota percentuale di giovani che ottengono la patente. 

Cambiano i comportamenti, anche al volante

Nel 2022, su circa 1,1 milioni di patenti emesse, il 62% era destinato a giovani sotto i 21 anni, in diminuzione rispetto al 73% del 2013. Questi dati riflettono un cambiamento nei comportamenti dei giovani italiani nei confronti dell’ottenimento della patente di guida.

Acquisti on line, addio al reso gratuito?

Rivoluzione in corso nel campo della restituzione degli acquisti effettuati su web. In tutto l’Occidente, infatti, sempre più persone si trovano a dover affrontare commissioni per resi online. Nel Regno Unito, ben 8 rivenditori online su 10, come ad esempio il colosso della moda Zara, hanno abbracciato questa nuova politica, addebitando commissioni per la restituzione degli articoli. Una mossa che sembra dare l’inizio a un cambiamento epocale e che pare destinata a diffondersi in tutto il mondo.

Negli Usa i grandi brand hanno introdotto le commissioni di reso 

Negli Stati Uniti, big player come Zara, Macy’s, Abercrombie & Fitch, J. Crew ed H&M hanno introdotto commissioni fino a 7 dollari per i resi postali. Anche giganti come Amazon, seppur in maniera limitata, applicano una fee di 1 dollaro in alcuni casi di reso tramite UPS Store. Il reso gratuito, un tempo garantito, sembra essere una comodità in via di estinzione.

E in Italia cosa accade? 

Al momento in Italia, riferisce Adnkronos, la politica del reso a pagamento non ha ancora preso piede. Zara permette resi gratuiti solo se effettuati nei negozi fisici, mentre H&M, in un’ottica più selettiva, offre il reso gratuito solo ai propri membri, addebitando 2,99 euro agli altri acquirenti.

Il fenomeno del “bracketing” e la sostenibilità ambientale

La crescente tendenza del “bracketing” – acquistare più taglie o colori per poi restituire gratuitamente gli articoli non desiderati – ha reso compulsiva e non più sostenibile la politica dei resi gratis. In America, il 17% degli acquisti online del 2022 è stato restituito, per un importo equivalente a 816 miliardi di dollari. Questo comportamento, oltre a danneggiare l’economia, ha gravi ripercussioni ambientali.

L’impatto del reso gratis 

Il processo di reso gratuito impone alle aziende un pesante carico finanziario ed ecologico. Ogni articolo restituito richiede trasporto, controllo, riparazione e riconfezionamento prima di essere rimesso in vendita. Una filiera costosa e inquinante che ha spinto molte aziende a perdere fino al 50% del loro margine sui resi.

La necessità di un cambiamento

La fine del reso gratuito non solo risponde a esigenze economiche, ma si inserisce anche nel contesto di una maggiore responsabilità ambientale. Le istituzioni europee stanno già cercando di regolamentare il settore per aumentare la sostenibilità, ma sono necessari ulteriori sforzi. La sfida ambientale può essere vinta solo con l’impegno di ogni parte sociali, compresi i consumatori. L’addio a politiche di reso senza costi è un passo avanti verso una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti.

Rischi percepiti: cambiamento climatico in testa a livello mondiale

Dal 2018 il rischio climatico si conferma in cima alle classifiche dei rischi emergenti in tutti i Paesi del mondo, e anche in Italia continua a essere la minaccia maggiormente percepita.
Un’unica eccezione nel 2020, quando il rischio maggiormente percepito era legato alle pandemie. Il Gruppo AXA ha pubblicato la decima edizione del ‘Future Risks Report’, il documento sui rischi emergenti a livello globale.

La ‘classifica’ è stata realizzata in collaborazione con IPSOS attraverso un sondaggio che ha coinvolto 3.500 esperti e 20.000 cittadini, con l’obiettivo di comprendere e valutare la percezione della minaccia e dell’impatto dei rischi emergenti sulla società.

Rischi cyber e AI entrano nella Top 3

Nel 2023 i rischi cyber entrano nella Top 3 della popolazione generale, mentre per gli esperti erano sul podio già da 6 anni. Ma gli esperti quest’anno evidenziano anche il rischio di una guerra ‘cyber’, collegandola al rischio di un’instabilità geopolitica, che occupa la terza posizione della classifica.

Tra le novità, a livello globale, anche la preoccupazione sui rischi legati allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale e dei Big Data, che registrano il maggior aumento nella classifica degli esperti, passando dal 14° posto nel 2022 al 4° posto nel 2023.
Si tratta di un tema su cui emerge ancora la scarsa consapevolezza dell’Europa, e in particolare dell’Italia, dove nella Top 3 dei rischi maggiormente percepiti dalla popolazione viene posto l’inquinamento, mentre persiste, al 3° posto, il timore per nuove pandemie e malattie infettive.

“Un persistente senso di vulnerabilità”

“Alla base – commenta Giacomo Gigantiello, ceo del Gruppo assicurativo AXA Italia – c’è un persistente senso di vulnerabilità avvertito delle persone”.
Il senso di vulnerabilità resta infatti elevato in tutto il mondo: a livello nazionale l’84% degli esperti (erano il 76% nel 2020) si sente più vulnerabile rispetto a cinque anni fa e a livello locale lo è il 73%. Era il 64% nel 2020.

Una tendenza evidente anche nella popolazione generale, con un aumento di chi si sente vulnerabile del 7% in tre anni, sia a livello nazionale sia locale.
A livello europeo, i cittadini italiani sono tra coloro che avvertono un maggiore senso di vulnerabilità.

Il ruolo delle assicurazioni

Tuttavia, in controtendenza rispetto al 2022, cresce a livello globale la fiducia nei confronti dei diversi attori coinvolti nel limitare le conseguenze di nuove crisi globali, con un chiaro ruolo assegnato agli assicuratori.

In Italia, il 30% dei cittadini sostiene che le istituzioni sono preparate a gestire i rischi legati al cambiamento climatico (vs 27% del 2022), e rispetto al 2022 cresce anche la convinzione che il settore privato possa dare un contributo importante a questo tema (31% vs 26% 2022).
Il 92% degli esperti e il 65% dei cittadini italiani (primi in Europa insieme agli spagnoli) ritiene, poi, che le assicurazioni avranno un ruolo importante nel limitare l’impatto dei rischi futuri sulla società.

Effetto carovita anche sui pet: quanto costa mantenere Fido e Micio?  

Se si considera che in Italia una famiglia in media possiede due animali domestici è facile immaginare come oggi anche il mantenimento dei pet sia una spesa importante all’interno del budget famigliare. In base alla tipologia di amico a quattro zampe posseduto si va infatti dai 780 euro ai 1.200 euro annuali.
È quanto emerge dall’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different.

Dal cibo al veterinario fino alle assicurazioni e agli accessori, ogni anno per mantenere un cane servono infatti in media quasi 600 euro, e poco meno di 390 euro per un gatto.
Insomma, il caro vita colpisce anche gli animali domestici.

Cibo e veterinario oggi costano di più


Il 59% di chi possiede un cane o un gatto (oltre 11 milioni di individui) ammette di aver riscontrato nell’ultimo anno rincari nei costi di mantenimento dell’animale. A registrare gli incrementi maggiori la spesa destinata al cibo: quasi 9 proprietari su 10 (89%) dichiarano che il prezzo degli alimenti è quello aumentato di più, seguito dai costi del veterinario, rincarati per più delle metà degli intervistati (51%).
Quanto al tipo di animale posseduto, tra i proprietari di Micio quasi 2 su 3 (64% vs 58% tra chi possiede Fido) dichiarano di aver dovuto far fronte a rincari.

Il 91% di chi ha fronteggiato rialzi per almeno un amico felino si lamenta soprattutto dell’aumento del cibo (vs 86% possessori di cani), mentre tra chi possiede un cane l’incremento maggiore è individuato nelle spese veterinarie (55% vs 49% per i proprietari di un gatto).

Una polizza per gli amici a quattro zampe

Se per i rincari delle spese alimentari non si può fare molto, è bene sapere che i costi di quelle veterinarie possono essere alleggeriti grazie alla sottoscrizione di una polizza specifica per gli amici a quattro zampe.
Sebbene i prodotti sul mercato siano molto diversificati in base alle garanzie comprese, secondo le simulazioni di Facile.it, è possibile trovare assicurazioni che includono responsabilità civile, rimborso delle spese veterinarie e tutela legale, con tariffe che partono da circa di 10 euro al mese per un’offerta base e che possono arrivare fino a quasi 20 euro per una copertura con massimali più elevati.

Ma in pochi li assicurano: solo il 29%

Ma su un totale di oltre 18,8 milioni di italiani che possiedono uno o più animali domestici solo il 29% dei proprietari (quasi 5,5 milioni) ha sottoscritto una copertura assicurativa. Nel caso di Fido, il 36%, e il 17% per Micio.
Il dato preoccupante è scoprire come il 7% di chi possiede un animale (1,3 milioni di italiani) non sia neanche a conoscenza dell’esistenza di polizze specifiche, mentre il 14% è intenzionato a stipularne una nel prossimo futuro.

Aumentano gli attacchi informatici: Sanità la più colpita

Rispetto ai primi tre mesi del 2023 nel secondo trimestre dell’anno gli attacchi informatici sono aumentati in maniera considerevole, e il settore della Sanità pubblica e privata è quello più colpito, seguito dal settore dei servizi finanziari e da quello delle utility.
Sul primo gradino del podio per tipo di minaccia le estorsioni, un tipo di attacco particolarmente pericoloso, che rispetto al primo trimestre 2023 è in crescita del 25%. I criminali informatici rubano infatti i dati della vittima con la minaccia di diffonderli, a meno che non accetti di pagare una cospicua somma di denaro. Al secondo posto, dopo le estorsioni, con una crescita del +17% (contro il 10% del periodo gennaio-marzo) il report segnala gli attacchi ransomware, divisi in diverse famiglie, tra cui 8base e MoneyMessage. È quanto emerge dai dati pubblicati dal report trimestrale Talos Incident Response (Talos IR) di Cisco Talos Intelligence Group, la divisione di threat intelligence di Cisco. 

I punti deboli della sicurezza

Per oltre il 50% degli attacchi di questo trimestre è stata osservata PowerShell, una utility dinamica della riga di comando che continua a essere una scelta molto frequente per i criminali informatici.
Questo, per una serie di motivi, tra cui l’invisibilità, la praticità e le ampie funzionalità di gestione IT.
La mancanza o un’implementazione impropria dell’autenticazione a più fattori (MFA) nei servizi critici è stata responsabile di oltre il 40% degli eventi a cui Cisco Talos ha risposto nel periodo preso in esame.

Aggirare l’autenticazione a più fattori con attacchi di “esaurimento”

Nella maggior parte degli eventi a cui Talos IR ha risposto in questo trimestre i criminali informatici hanno ottenuto l’accesso iniziale utilizzando credenziali compromesse (quasi il 40% dei casi, in aumento del 22% rispetto al primo trimestre 2023) per accedere in maniera fraudolenta ad account validi, il 90% dei quali non disponeva di MFA In altri casi, è stato aggirato l’MFA con attacchi di esaurimento, che si verificano quando l’aggressore tenta di autenticarsi ripetutamente a un account utente con credenziali valide per sommergere le vittime di notifiche push MFA sperando che alla fine accettino, per poi autenticarsi con successo, riporta Adnkronos.

I vettori d’attacco non identificati

Dopo il gruppo dei vettori d’attacco non identificati (‘sconosciuti’), la terza modalità di accesso iniziale più frequente è lo sfruttamento di applicazioni accessibili pubblicamente.
Al quarto e quinto posto spear phishing e phishing, rispettivamente quello che utilizza allegati malevoli e quello che incorpora link a pagine Web per la raccolta dei dati, si legge su IctBusiness.

e-commerce B2c: per i retailer l’obiettivo è la multicanalità

Emerge dall’ultima ricerca dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano: nel 2023 l’e-commerce B2c in Italia vale 54 miliardi di euro, +13% rispetto al 2022. L’andamento degli acquisti online degli italiani quest’anno però è decisamente influenzato dall’inflazione. Tutti i principali merchant sono al lavoro sull’intera catena del valore (marketing, tecnologia, pagamenti, logistica, customer care) per migliorare i ricavi, ma soprattutto per contenere i costi con obiettivi di breve, medio e lungo termine. In particolare nel marketing, l’approccio è ancor più focalizzato sull’omnicanalità, grazie agli investimenti sui touchpoint che abilitano la connessione con il consumatore quando è più ricettivo alla comunicazione. Ad esempio, facendo ricorso a influencer e creator sui social network.

Pagamenti: sicurezza e fluidità del check-out

Un’interazione possibile anche grazie alla digitalizzazione dei mezzi pubblicitari, che facilitano la convergenza mediatica tra il mondo online e offline (come le campagne su Tv connesse o l’utilizzo di formati digital audio) e permettono di raggiungere l’utente in un’ottica sempre più integrata.
Sul fronte dei pagamenti, gli sforzi sono rivolti prevalentemente alla sicurezza e alla fluidità del check-out, ad esempio attraverso la personalizzazione del percorso di pagamento, o alla tokenizzazione e gestione delle esenzioni tramite l’autenticazione del cliente prima dell’acquisto.
Altro aspetto importante è la gestione dei diversi strumenti di pagamento per cogliere il maggior consenso degli utenti, che va di pari passo con l’ampliamento dell’offerta. Ad esempio, con l’attivazione del Buy Now Pay Later. 

Logistica: semplificazione e sostenibilità

Per la logistica, l’obiettivo primario riguarda la semplificazione e l’ottimizzazione, anche in ottica omnicanale, dei processi per ridurre i costi. In particolare, nel Food&Grocery alcuni interventi in questo senso riguardano l’automazione delle attività di stoccaggio e picking, e in via sperimentale, di quelle di distribuzione. Una nota positiva registrata nell’ultimo anno è il fermento di progetti in ambito sostenibilità su molteplici fronti: dalle infrastrutture (magazzini a ridotto impatto ambientale), ai prodotti (packaging riciclato per le spedizioni) ai processi di last mile delivery (adozione di veicoli elettrici, carbo-bike, ampliamento della rete di punto di ritiro).

L’AI entra nel customer care 

I player del settore, inoltre, stanno collaborando per integrare i processi di distribuzione e i sistemi informativi tra i vari soggetti coinvolti (piattaforme di food delivery e retailer GDO, merchant e-commerce e corrieri logistici) per permettere una gestione più lineare ed efficiente dei flussi di spedizioni e di dati. Nel customer care, poi, la tecnologia intrinseca nel sito e-commerce diventa uno strumento volto soprattutto a raccogliere dati e insight sul consumatore, indispensabili per migliorare l’esperienza nel medio-lungo termine. Tra i progetti più diffusi, l’utilizzo dell’AI per offrire all’utente un percorso di vendita personalizzato, e al merchant l’automazione di attività routinarie come data analytics, traduzione o image processing. 

Dispositivi mobili, come viaggiare mettendo i propri dati in sicurezza

La protezione dei dati mobili durante i viaggi è un aspetto spesso trascurato quando aspettiamo negli aeroporti, attraversiamo i controlli di sicurezza o ci dirigiamo verso la spiaggia. Infatti, molte persone prestano attenzione alla sicurezza dei loro computer e laptop, installando misure di protezione e antivirus, mentre i dispositivi mobili, che contengono molte informazioni personali, rimangono vulnerabili.
Lo scorso aprile, l’FBI ha emesso un’allerta riguardante l’uso delle colonnine di ricarica gratuite progettate per smartphone, laptop o tablet. L’avviso avvertiva che gli hacker possono infiltrarsi in queste postazioni, raccogliere informazioni personali e installare malware per accedere liberamente ai dispositivi. Un attacco hacker su un dispositivo mobile può rovinare completamente la vacanza. Meglio quindi pensarci prima, seguendo i consigli proposti da Acronis, specializzato in  cyber protection.

Utilizzare solo reti ufficiali

Anche se l’offerta di Wi-Fi pubblico gratuito può sembrare allettante, queste reti possono essere un terreno fertile per attacchi informatici. Aeroporti, stazioni ferroviarie e bar sono spesso obiettivi degli hacker, che creano reti fasulle con nomi apparentemente autentici, come “Starbuck_Guest_Wi-Fi”, per intrappolare gli utenti. È sempre meglio individuare la rete ufficiale protetta e utilizzarla. Se il Wi-Fi pubblico gratuito è l’unica opzione disponibile, è consigliabile limitare al minimo le applicazioni utilizzate e evitare di effettuare operazioni bancarie online, a meno che non sia strettamente necessario.

Viaggiare con il software di sicurezza sempre aggiornato

È fondamentale mantenere i dispositivi mobili, come telefoni cellulari, tablet e laptop, aggiornati con gli ultimi aggiornamenti di sistema. Di solito si riceve una notifica quando è disponibile un nuovo aggiornamento, ma è possibile cercare manualmente gli aggiornamenti nelle impostazioni del dispositivo. Gli utenti di iPhone dovrebbero disabilitare l’accesso AirDrop consentito a tutti e accettare solo invii da contatti noti. Inoltre, la funzione “Dov’è” su iPhone o “Trova il mio telefono” su Android può essere molto utile nel caso di smarrimento o furto del dispositivo.

Utilizzare una VPN

Un servizio VPN (Virtual Private Network, rete privata virtuale) garantisce una connessione protetta e offre un ulteriore livello di privacy e anonimato durante la connessione. La crittografia dei dati è uno dei vantaggi delle VPN. È possibile acquistare pacchetti VPN prima di partire o contattare un provider locale durante la vacanza.

Rafforzare la sicurezza con l’autenticazione a più fattori

L’autenticazione a più fattori, parte dell’approccio Zero Trust, richiede la verifica dell’accesso e non si fida immediatamente di alcun dispositivo. L’autenticazione a più fattori implica l’utilizzo di più elementi per accedere ai dispositivi, come una combinazione di password, codici univoci inviati tramite SMS o app di autenticazione, o l’utilizzo dell’identificazione biometrica come l’impronta digitale o il riconoscimento facciale. Questo complica le cose per gli hacker, che dovrebbero avere accesso non solo alla password ma anche al dispositivo stesso.

Diffidare di SMS, e-mail e applicazioni

La maggior parte degli attacchi informatici e dei furti di informazioni personali avviene attraverso il phishing. Gli hacker si fingono entità autorevoli, come emittenti di carte di credito o compagnie aeree, e inviano messaggi SMS o e-mail contenenti link dannosi per perpetrare l’attacco. Questo fenomeno si è esteso anche alle piattaforme dei social media, alle app di chat come WhatsApp, ai giochi e alle app di appuntamenti utilizzate dai viaggiatori. È fondamentale fare attenzione e non aprire link sospetti, nemmeno se sembrano provenire da enti autorevoli come gli aeroporti. Un software di sicurezza aggiornato può bloccare questi attacchi prima che causino danni.

Usare schermi per la privacy

Le colonnine di ricarica pubbliche si trovano spesso in luoghi affollati, aumentando il rischio di esposizione di informazioni private. I dispositivi di schermatura per la privacy, come i filtri schermo, sono economici e facilmente reperibili nei negozi di telefonia o online. Possono essere applicati direttamente sullo schermo del dispositivo per evitare che informazioni riservate, come password, indirizzi e-mail o documenti confidenziali, siano visibili da angolazioni non desiderate. Questi dispositivi agiscono come una barriera che impedisce a occhi indiscreti di acquisire informazioni sensibili e proteggono la privacy dell’utente.

Evitare le postazioni di ricarica pubbliche

Anche se controlliamo lo smartphone più di 100 volte al giorno, durante i viaggi questa frequenza aumenta. Quando si ha bisogno di ricaricare rapidamente la batteria, una postazione di ricarica pubblica può sembrare una soluzione comoda, ma attenzione, anche gli hacker apprezzano queste postazioni. Attraverso una tecnica chiamata “Juice hacking”, possono sfruttare prese e cavi USB delle colonnine pubbliche per installare malware o estrarre informazioni dai dispositivi. Pertanto, sebbene possa sembrare meno pratico, portare con sé un caricatore portatile è l’opzione più sicura.