Mind Health: il 28% degli italiani riporta una forma di disturbo mentale

Obiettivo, promuovere una cultura che superi lo stigma e sostenga la prevenzione. È questo l’impegno del Gruppo AXA sui temi della salute e del benessere mentale, che in collaborazione con IPSOS ha condotto l’edizione 2024 di Mind Health Report, l’indagine svolta in 16 Paesi, tra cui l’Italia. 
Dai dati emerge come il 60% degli italiani nel 2023 dichiari di aver affrontato almeno una difficoltà personale, in particolare le donne e i giovani.

Insomma, la salute mentale continua a destare preoccupazione a livello globale, con il 32% della popolazione che riporta una forma di disturbo mentale, percentuale in aumento di 5 punti rispetto al 2022.
Un quadro che desta preoccupazione anche in Italia, dove la percentuale scende al 28%, ma rispetto allo scorso anno cresce di 6 punti.

Ansia e depressione i disturbi più comuni

Se ansia (14%) e depressione (12%) sono i disturbi più comuni, ciò che emerge da questa nuova edizione del report è la scarsa consapevolezza sul tema del benessere mentale e sull’importanza di un supporto professionale. Cresce infatti il trend relativo all’autodiagnosi e alla gestione autonoma dei disturbi. Rispetto al 2022, il numero di diagnosi effettuate da professionisti è in calo, mentre salgono significativamente le diagnosi fatte in autonomia o su Internet (+8%).

Inoltre, 9 italiani su 10 (88%) valutano la propria condizione mentale come buona o media, mentre un quarto della popolazione (26%), ad esempio, manifesta sintomi riconducibili a depressione, ansia o stress in forma grave o molto grave.

Ma gli italiani preferiscono non consultare il medico

Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire i disturbi relativi al benessere mentale, un trend in aumento di 7 punti rispetto al 2022, e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%).
Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha consultato un medico quest’anno.

A livello globale le difficoltà mentali tendono a esser ricondotte principalmente a ragioni personali (33%) piuttosto che professionali (23%).
Tuttavia, in Italia come nel resto del mondo, il 76% dei lavoratori sta manifestando almeno un disturbo collegabile al lavoro, tra cui stanchezza, perdita di energie e di interesse, disturbi del sonno, stress e ansia.

Lavoro: il disimpegno è un campanello d’allarme

La condizione di disagio attraversa trasversalmente tutta la popolazione aziendale, ma è significativa l’evidenza che vede i giovani riportare percentuali di disagio in linea con la popolazione più anziana.

Il disimpegno è uno dei primi campanelli di allarme che le aziende dovrebbero prendere in considerazione. Nonostante il dato sia più basso della media, il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro (rispetto al 69% a livello globale), mentre il 44% sta pensando di lasciare o cambiare impiego.

A livello globale, il 23% dei lavoratori ha preso un congedo per malattia a causa di problemi di benessere mentale (38% tra i giovani lavoratori).
In Europa, comunque, è l’Italia il Paese con il minor numero di assenze per malattia (16% vs 22% Europa).

Giovani e intelligenza artificiale, quali i rischi per i teenager?

I più giovani hanno per definizione un notevole interesse e una grande confidenza con la tecnologia. Sono infatti sempre alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Questa tendenza è stata confermata dalla ricerca sul tema “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro e presentata recentemente in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo mirato a sensibilizzare sull’utilizzo consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Il 94% dei ragazzi conosce l’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare di Intelligenza Artificiale e conosce la sua definizione, mentre il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’IA, tanto da consigliarne l’utilizzo a familiari e amici (24%). Per il 13%, l’Intelligenza Artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi quotidiani e ricevere supporto nelle sfide emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

I giovani sono sempre più utilizzatori e consumatori di servizi internet, ma non mancano le preoccupazioni in merito. In particolare, il 31% del campione teme un possibile furto d’identità. Il 28% si preoccupa per la privacy e la sicurezza dei propri dati personali. Altri potenziali rischi riguardano la scarsa protezione da situazioni dannose e violente, con il 21% che ha paura di danni alla reputazione dovuti alle immagini generate dall’AI. Il 20% teme di entrare in contatto con contenuti inappropriati, mentre il 10% esprime preoccupazione per la creazione di immagini pedopornografiche.

ChatGpt, uno strumento noto

L’indagine ha esaminato anche l’uso di chatbot da parte dei ragazzi. Il più famoso, ChatGpt, risulta conosciuto da 8 ragazzi su 10. Il 6% lo utilizza quotidianamente, mentre il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo di ChatGpt sia la facilità d’uso e la possibilità di essere utilizzato per diverse attività. Tuttavia, il 34% sottolinea la difficoltà nell’avere accesso a fonti sicure e attendibili, mentre il 51% teme che l’utilizzo renda più pigri.

Per concludere

In conclusione, i giovani italiani dimostrano una buona conoscenza e un’accoglienza favorevole verso l’Intelligenza Artificiale. Allo stesso tempo, però, le nuove generazioni esprimono alcune preoccupazioni riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici. I teenager italiani sono quindi ben disposti nei confronti dell’IA, però manifestano anche un pensiero critico fondamentale per un corretto utilizzo.

UE, a gennaio 2024 il mercato dell’auto ingrana la marcia

Nel gennaio 2024, il mercato delle auto nuove nell’Unione Europea ha segnato una ripresa dopo il rallentamento di dicembre 2023, con un aumento del 12,1% nelle immatricolazioni su base annua, raggiungendo le 851.690 unità.

I principali mercati del blocco hanno tutti registrato significative crescite, con la Germania in testa con un +19,1%, seguita da Italia (+10,6%), Francia (+9,2%) e Spagna (+7,3%), che hanno riportato incrementi a una o due cifre.

Elettriche, ibride, benzina o diesel: quali le preferite?

Nel mese di gennaio, le auto elettriche a batteria rappresentavano il 10,9% della quota di mercato (rispetto al 9,5% di gennaio 2023), mentre le auto ibride-elettriche si attestavano al 30%, confermandosi come la seconda scelta preferita dagli europei. La quota combinata di auto a benzina e diesel era del 50%, segnando un calo rispetto al 54% dell’anno precedente.

Exploit dell’elettrico

Le vendite di nuove auto elettriche a batteria a gennaio 2024 sono cresciute del 28,9%, raggiungendo le 92.741 unità, pari al 10,9% del mercato totale. I quattro principali mercati dell’UE hanno registrato incrementi robusti a doppia cifra, con Belgio (+75,5%), Paesi Bassi (+72,2%), Francia (+36,8%) e Germania (+23,9%). Lo sottolinea Acea, l’associazione dei costruttori europei.

Le auto ibride-elettriche hanno visto un aumento del 23,5% nelle nuove immatricolazioni nell’UE a gennaio, trainate da crescite significative in Spagna (+26,5%), Francia (+29,9%), Germania (+24,3%) e Italia (+14,2%), raggiungendo le 245.068 unità e una quota di mercato del 28,8%.
Le vendite di auto elettriche ibride plug-in sono risalite nel gennaio 2024, con un aumento del 23,8% a 66.660 unità, guidato da incrementi notevoli in Belgio (+65,2%) e Germania (+62,6%). Le auto ibride plug-in rappresentano ora il 7,8% delle vendite totali di auto nell’UE.

La benzina tiene, il diesel cala

Il mercato delle auto a benzina ha registrato una crescita del 4% nell’UE a gennaio 2024, trainato da notevoli aumenti in Italia (+26,7%) e Germania (+16,9%). Nonostante la leadership con il 35,2% del mercato, la quota delle auto a benzina è diminuita rispetto al 37,9% di gennaio 2023.

Al contrario, il mercato delle auto diesel nell’UE ha subito una contrazione del 4,9% a gennaio, con cali evidenti in Francia (-23,4%), Spagna (-10,2%) e Italia (-8,7%), ma la Germania ha registrato un tasso di crescita del 4,3%. Le vendite di auto diesel hanno rappresentato il 13,4% del mercato, in calo rispetto al 15,8% di gennaio 2023.

Ransomware, oltre un miliardo di dollari di riscatto nel 2023. Cosa succederà adesso?

Nel corso del 2023, gli attacchi di ransomware hanno raggiunto livelli senza precedenti, prendendo di mira primarie istituzioni  e infrastrutture sensibili, tra cui ospedali, scuole e agenzie governative. Non solo: software malevoli di trasferimento file come MOVEit sono stati utilizzati per attaccare aziende di fama internazionale come la BBC e la British Airways.

Complessivamente, i cybercriminali hanno estorto alle vittime, come riscatto, oltre un imiliardo di dollari in criptovaluta. Lo rivela un recente rapporto della società tecnologica Chainalysis.

Il 2023: anno di svolta per il ransomware

Il 2023 rappresenta un punto di svolta per il ransomware, dato che nel 2022 si era registrato un deciso calo degli attacchi. L’anno passato i pagamenti di ransomware hanno superato la soglia del miliardo di dollari, il massimo mai registrato. Sebbene il 2022 avesse mostrato una diminuzione nel volume di questi riscatti, l’andamento complessivo dal 2019 al 2023 traccia un’escalation del problema. Tra l’altro, la cifra record indicata – più di un miliardo di dollari – non include l’impatto economico derivante dalla perdita di produttività e dai costi di ripristino associati agli attacchi.

Il 2022 è stato un’anomalia, purtroppo non una tendenza 

Il 2022 aveva visto una diminuzione delle attività di ransomware, influenzata da vari fattori, tra cui eventi geopolitici come il conflitto russo-ucraino. Questo conflitto aveva distratto gli hacker, spostando la loro attenzione verso attacchi informatici motivati politicamente e trascurando quelli di tipo finanziario. Tuttavia, nel 2023 il ransomware “tradizionale” è ripartito con una maggiore forza. 

I trend emergenti

Il 2023 ha visto una crescita esponenziale nel numero di minacce informatiche, con 538 nuove varianti di ransomware segnalate da Recorded Future. La “caccia grossa”, come la definisce Chainalysis, è diventata la strategia dominante, con una percentuale sempre maggiore dei pagamenti di ransomware superiore a un milione di dollari.

Il rebranding e l’utilizzo di ceppi sovrapposti di software malevoli restano il modus operandi dei cybercriminali, che così riescono a colpire più volte le stesse vittime – ma con nomi diversi –  e a evitare l’individuazione.

Per concludere

In conclusione, l’anno appena passato ha portato cambiamenti significativi nel panorama del ransomware, con tattiche sempre più sofisticate, l’aumento di gruppi di criminali informatici  e l’uso di exploit zero-day per attacchi di grande portata. La diffusione del RaaS e la semplificazione degli attacchi indicano un approccio più efficiente e aggressivo da parte degli hacker. 

Le buone notizie sono che l’ecosistema del ransomware è più piccolo di quanto sembri, e la blockchain consente di identificare i rebranding a opera degli stessi gruppi. Per queste ragioni, sono necessarie una costante vigilanza e una immediata risposta per contrastare tale minaccia.

Anagrafe delle imprese: stabili le iscrizioni (+0,7%), aumentano le chiusure (+2,1%)

Emerge dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio: il saldo 2023 per le imprese italiane resta positivo (+0,7%), con 42mila nuove imprese registrate negli ultimi dodici mesi. Oltre il 70% però opera in soli tre macro-settori, costruzioni, turismo e attività professionali.

In uno scenario economico caratterizzato da inflazione, tensioni geopolitiche e cambiamenti tecnologici, il saldo quindi non è positivo per tutti gli ambiti di attività, e le chiusure crescono del +2,1%.
In ogni caso, il settore più dinamico, in termini di crescita imprenditoriale, è il comparto delle costruzioni, che nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati all’edilizia alla fine del 2023 conta +13.541 imprese rispetto al 2022 (+1,62%).

Anno positivo per il comparto vacanze

Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate dal ‘boom’ della consulenza aziendale e amministrativo-gestionale. Il saldo positivo è di oltre 6.000 attività, per una variazione relativa dell’8%.

Anno positivo anche per il comparto della vacanza, in cui si contano 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3.015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%).

Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari, che a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%).
A fronte di questi risultati positivi, i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese.

Commercio -0,6%, agricoltura -1,05%, manifattura -0,56%

Il 2023 per il commercio si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6%), anche se il ‘processo di selezione’ ha riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio, che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%). 

Una performance per quest’ultimo settore che tocca tutti comparti, con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), e delle bevande (+37).

Più Spa meno società individuali 

Guardando al territorio, i dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche.
Con le sue 14.948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il Nord-Ovest (+11.210) e il Centro (+10.626).

In termini assoluti, meglio di tutte hanno fatto Lombardia (+10.562), Lazio (+9.710) e Campania (+6.351). Il Lazio (+1,59%) registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi; seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%).
L’intero saldo positivo è spiegato dalla crescita delle società di capitale: +57.846 (+3,1%), in linea con il 2022. Le imprese individuali continuano a rappresentare la metà dello stock di imprese esistenti (50,6%), ma sono in flessione di quasi 2mila unità (-0,1%).

La patente di guida non è più uno status: i giovani italiani… aspettano

Patente appena compiuti i 18 anni? Sì, ma non per tutti. Il desiderio di mettersi alla guida, un tempo così sentito, in Italia sembra essersi offuscato un po’. Tanto che l’età media per ottenere la patente è di circa 19 anni e 10 mesi. Lo rivela una recente indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat. In particolare, il 50% degli intervistati ha conseguito la patente a 18 anni, il 23% a 19 anni e il 10% a 20 anni, mentre solo uno su sei l’ha ottenuta dopo i 21 anni.

Sebbene oltre il 90% degli italiani tra i 18 e i 74 anni possieda la patente, emerge una differenza di genere nel momento di ottenere la licenza, con gli uomini che in media la conseguono quasi un anno prima rispetto alle donne.

Il 10% dei ragazzi preferisce i mezzi alternativi (specie in città)

L’auto è tradizionalmente considerata uno status symbol in Italia, ma l’indagine rivela che solo la metà dei diciassettenni ha l’intenzione di prendere la patente immediatamente dopo aver raggiunto la maggiore età. Il 32% ha dichiarato di volerla ottenere, ma con calma, mentre circa il 10% ha affermato di non avere intenzione di prendere la patente perché si sposta con mezzi alternativi.

Questa tendenza è più evidente nelle grandi città, dove le opzioni di mobilità sono maggiori. Alcuni intervistati (circa il 10%) hanno ammesso di non sapere quando o se otterranno la patente, indicando che non è una priorità immediata per loro.

Voglia di guidare maggiore nel Sud e nelle Isole

A livello geografico, emerge una differenza nelle intenzioni dei diciassettenni: nel Sud e nelle Isole, il 63% vuole ottenere la patente subito, mentre al Nord la percentuale di chi intende farlo con calma arriva al 39%.

Analizzando la fascia di età 18-24 anni, la percentuale di coloro che hanno la patente scende al 73%, e i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicano un calo costante nella quota percentuale di giovani che ottengono la patente. 

Cambiano i comportamenti, anche al volante

Nel 2022, su circa 1,1 milioni di patenti emesse, il 62% era destinato a giovani sotto i 21 anni, in diminuzione rispetto al 73% del 2013. Questi dati riflettono un cambiamento nei comportamenti dei giovani italiani nei confronti dell’ottenimento della patente di guida.

Acquisti on line, addio al reso gratuito?

Rivoluzione in corso nel campo della restituzione degli acquisti effettuati su web. In tutto l’Occidente, infatti, sempre più persone si trovano a dover affrontare commissioni per resi online. Nel Regno Unito, ben 8 rivenditori online su 10, come ad esempio il colosso della moda Zara, hanno abbracciato questa nuova politica, addebitando commissioni per la restituzione degli articoli. Una mossa che sembra dare l’inizio a un cambiamento epocale e che pare destinata a diffondersi in tutto il mondo.

Negli Usa i grandi brand hanno introdotto le commissioni di reso 

Negli Stati Uniti, big player come Zara, Macy’s, Abercrombie & Fitch, J. Crew ed H&M hanno introdotto commissioni fino a 7 dollari per i resi postali. Anche giganti come Amazon, seppur in maniera limitata, applicano una fee di 1 dollaro in alcuni casi di reso tramite UPS Store. Il reso gratuito, un tempo garantito, sembra essere una comodità in via di estinzione.

E in Italia cosa accade? 

Al momento in Italia, riferisce Adnkronos, la politica del reso a pagamento non ha ancora preso piede. Zara permette resi gratuiti solo se effettuati nei negozi fisici, mentre H&M, in un’ottica più selettiva, offre il reso gratuito solo ai propri membri, addebitando 2,99 euro agli altri acquirenti.

Il fenomeno del “bracketing” e la sostenibilità ambientale

La crescente tendenza del “bracketing” – acquistare più taglie o colori per poi restituire gratuitamente gli articoli non desiderati – ha reso compulsiva e non più sostenibile la politica dei resi gratis. In America, il 17% degli acquisti online del 2022 è stato restituito, per un importo equivalente a 816 miliardi di dollari. Questo comportamento, oltre a danneggiare l’economia, ha gravi ripercussioni ambientali.

L’impatto del reso gratis 

Il processo di reso gratuito impone alle aziende un pesante carico finanziario ed ecologico. Ogni articolo restituito richiede trasporto, controllo, riparazione e riconfezionamento prima di essere rimesso in vendita. Una filiera costosa e inquinante che ha spinto molte aziende a perdere fino al 50% del loro margine sui resi.

La necessità di un cambiamento

La fine del reso gratuito non solo risponde a esigenze economiche, ma si inserisce anche nel contesto di una maggiore responsabilità ambientale. Le istituzioni europee stanno già cercando di regolamentare il settore per aumentare la sostenibilità, ma sono necessari ulteriori sforzi. La sfida ambientale può essere vinta solo con l’impegno di ogni parte sociali, compresi i consumatori. L’addio a politiche di reso senza costi è un passo avanti verso una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti.

Italia, dopo Germania e Svezia è leader nell’edilizia in legno

L’Italia ha confermato la sua posizione di terzo produttore di soluzioni abitative in legno nel 2022, con un aumento dell’1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 3602 unità abitative.
Questo piazzamento vede il nostro Paese collocarsi subito dietro la Germania e la Svezia, ma prima dell’Austria. Il settore ha registrato un notevole incremento del fatturato, raggiungendo i 2,3 miliardi di euro, con un deciso aumento del 15,8% rispetto al 2021.

Dinamicità della produzione residenziale in legno

Il settore ha visto una accelerata nella crescita soprattutto grazie alla produzione residenziale in legno, che ha contribuito con 866 milioni di euro al fatturato complessivo e ha registrato un aumento del 12,7% rispetto al 2021.
Tale dato rappresenta un quinto della produzione tedesca (4,4 miliardi di euro) e il 7,2% di quella complessiva dei 27 Paesi dell’Unione Europea, che ammonta a 12 miliardi di euro. A evidenziarlo sono i dati dell’8° ‘Rapporto Edilizia in legno’, realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo.

Produzione non residenziale ed edilizia tradizionale in legno

Oltre all’edilizia residenziale, il rapporto evidenzia la produzione non residenziale in legno, che ha raggiunto i 633 milioni di euro con un incremento del 12,2% rispetto al 2021. L’edilizia tradizionale in legno ha contribuito con 767 milioni di euro, con un notevole aumento del 22,9% rispetto all’anno precedente.

La geografia delle imprese di Bioedilizie in Italia

Il rapporto sottolinea la distribuzione geografica delle imprese bioedilizie, evidenziando una concentrazione significativa in Lombardia, con 73 aziende attive, seguita da Trentino-Alto Adige e Veneto, che rappresentano il 50% del totale.
Il Trentino-Alto Adige si distingue come la regione con le imprese più grandi e altamente specializzate, contribuendo al 19% della produzione complessiva, seguita dalla Lombardia al 16%.

Concentrazione nel settore 

Analizzando le dimensioni delle aziende, il rapporto rivela che le prime 10 imprese rappresentano quasi il 31% del mercato, mentre il 68% ha un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. Solo il 7% delle aziende ha un giro d’affari superiore ai 50 milioni di euro, ma contribuisce al 46% del mercato, evidenziando una concentrazione significativa nel settore.

Bioedilizia come alternativa sostenibile

Il rapporto conferma il progressivo guadagno di quote di mercato da parte della bioedilizia, indicando il suo potenziale come alternativa concreta all’edilizia tradizionale. Tuttavia, il report mette in luce la necessità di un’operazione di sensibilizzazione e promozione del settore per renderlo appetibile sia per i cittadini privati sia per le amministrazioni pubbliche, promuovendo la consapevolezza del valore delle strutture in legno in termini di sostenibilità e stoccaggio di CO2. 

Lavoro e maternità, perchè in Italia sembrano inconciliabili?

In Italia il rapporto fra donne e lavoro continua a rimanere complicato. Ancora di più quando ci sono dei bambini. Lo rivela l’ultima indagine condotta dall’Ispettorato del Lavoro (INL) in collaborazione con l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP). L’analisi ha infatti messo in luce un preoccupante aumento delle dimissioni volontarie tra le donne madri in Italia.
Secondo il rapporto, un impressionante numero di 44.699 madri ha scelto di lasciare il proprio impiego, un dato notevolmente più elevato rispetto ai 16.692 padri che hanno preso la medesima decisione.

Boom di dimissioni nei primi tre anni di vita dei figli

La tendenza si fa ancora più evidente quando si analizzano le dimissioni nei primi tre anni di vita dei figli. Il documento mette in luce una crescente difficoltà per le donne nel conciliare le responsabilità professionali con quelle familiari. Tra le categorie professionali più colpite spiccano gli impiegati (30.299) e gli operai (26.471), con il 65,8% delle dimissioni che coinvolgono lavoratori a tempo pieno.

Le ragioni alla base di queste decisioni sono molteplici: il 37,5% delle dimissioni è imputabile al cambio di azienda, mentre il 32,2% è dovuto alle sfide legate alla conciliazione tra lavoro e cura dei figli. Tra queste, la difficoltà nel trovare un equilibrio tra esigenze professionali e familiari emerge come la causa principale, rappresentando il 49,8% delle motivazioni totali.

Anche nelle dimissioni esiste un divario di genere

Il rapporto sottolinea altresì un evidente divario di genere nelle motivazioni delle dimissioni. Le donne madri tendono a lasciare il lavoro principalmente a causa delle difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, spesso aggravate dalla mancanza di servizi adeguati e problematiche organizzative sul luogo di lavoro. Al contrario, per i padri, le ragioni principali sono più strettamente legate a questioni professionali. Insomma, il “problema” famiglia pare essere tutto sulle spalle delle donne.

Servono politiche di supporto

Questi dati mettono in luce l’urgente necessità di affrontare la questione della conciliazione tra vita professionale e familiare, specialmente per le donne madri. Ciò sottolinea l’importanza di politiche di supporto più efficaci e di un rinnovato impegno nel promuovere un ambiente lavorativo equilibrato e inclusivo, per tutti e… tutte.

Turismo: “c’è fame d’Italia all’estero”, e un 1/3 di spesa in vacanza è per il cibo

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti: più di un terzo della spesa di italiani e stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola, ovvero, alla consumazione di pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche al cibo di strada o alle specialità enogastronomiche di mercati, feste e sagre di Paese.

L’analisi, divulgata in occasione del Forum internazionale del turismo di Baveno, sul Lago Maggiore, fa da commento delle dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla “tantissima fame di Italia all’estero”. Il cibo infatti è la voce più importante del budget destinato alle vacanze estive in Italia, tanto che per molti turisti è diventato la principale motivazione del viaggio.
Lo dimostrano il boom del turismo enogastronomico, insieme alle numerose iniziative di valorizzazione dei prodotti tipici e locali, dalle sagre alle strade del vino.

Il patrimonio enogastronomico nazionale al centro della vacanza Made in Italy 

Si tratta di uno scenario che, sottolinea la Coldiretti, dimostra per ‘la vacanza Made in Italy’ la centralità del patrimonio enogastronomico nazionale.

Un patrimonio diffuso su tutto il territorio, e dalla cui valorizzazione dipendono molte opportunità di sviluppo economico e occupazionale per il nostro Paese.
L’alimentazione si conferma quindi come il vero valore aggiunto della vacanza in Italia, ‘leader mondiale’ del turismo enogastronomico.

L’agricoltura tricolore è la più green d’Europa

Del resto, l’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa, con 5450 specialità censite dalle Regioni e ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, 325 specialità Dop, Igp, Stg riconosciute a livello comunitario, e 415 vini Doc e Docg.

Ma l’Italia può anche vantare la leadership nel ‘biologico’, con circa 86 mila aziende agricole biologiche e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (ogm), oltre ai 10 mila agricoltori che vendono direttamente con Campagna Amica.

“I tesori enogastronomici sono opere d’arte conservate da generazioni”

“L’Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare che peraltro ha contribuito a mantenere nel tempo un territorio con paesaggi di una bellezza unica – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che -: i tesori enogastronomici sono vere e proprie opere d’arte conservate gelosamente da generazioni di agricoltori che vanno difese dal rischio della falsificazione, dall’omologazione e dai tentativi di rompere il legame naturale tra il cibo che consumiamo e l’ambiente che ci circonda”.