Contratti e lavoro: in Italia previste 446mila assunzioni ad aprile 2024

Uno scenario delineato dal Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e ministero del Lavoro e delle Politiche sociali: ad aprile 2024 sono oltre 446mila i contratti di assunzione di durata superiore a un mese o a tempo indeterminato programmati dalle imprese.

Le piccole imprese con meno di 50 dipendenti programmano il 64,5% del totale, le medie imprese il 18,9% e le medio grandi il restante 16,6%.
Per il trimestre aprile-giugno le assunzioni ammontano a più di 1,5 milioni, +0,7% rispetto ad aprile 2023 (circa 3mila unità), ma -3,0% (oltre 46mila unità) sul corrispondente trimestre dell’anno passato.

Industria, circa 121mila contratti; Servizi 325mila

Sotto il profilo settoriale, l’industria complessivamente prevede circa 121mila assunzioni (+16mila rispetto ad aprile 2023) e circa 400mila nel trimestre aprile-giugno (-6mila), grazie soprattutto alle entrate programmate dal comparto delle costruzioni (43mila nel mese e 143mila nel trimestre).

I servizi prevedono ad aprile 325mila assunzioni (-13mila) e oltre 1,1 milione nel trimestre (-41mila). Tra i servizi il flusso di assunzioni più consistente riguarda la filiera turistica, con 105mila contratti da attivare ad aprile e 391mila entro giugno.
Seguono commercio (oltre 63mila nel mese e 207mila nel trimestre) e servizi alle persone (45mila, 173mila).

Ma è difficile da reperire il 47,8% del personale

Ad aprile è difficile da reperire il 47,8% del personale ricercato dalle aziende, +2,6% rispetto a un anno fa.

Tra le figure di più difficile reperimento il Borsino delle professioni del Sistema Informativo Excelsior evidenzia ingegneri (62,5% di difficile reperimento), analisti e specialisti nella progettazione di applicazioni (55,7%), tecnici in campo ingegneristico (70,0%) e tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (66,2%), addetti agli sportelli (51,7%), professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali (55,3%), operatori per la cura estetica (55,1%), fabbri costruttori di utensili (78,9%), operai specializzati del tessile-abbigliamento (70,9%) e operai alle macchine automatiche e semiautomatiche per lavorazioni metalliche (60,4%).

La necessità di manodopera straniera

Circa 88mila assunzioni programmate nel mese, pari al 19,8% del totale, riguarda la domanda di lavoratori immigrati. 
I settori economici che hanno maggiore necessità di manodopera straniera sono quelli dei servizi operativi di supporto a imprese e persone (34,4% delle assunzioni), servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (30,3%), costruzioni (28,6%), metallurgia (21,2%) e legno-arredo (20,1%).

A livello territoriale si evidenzia come il flusso delle entrate previste ad aprile nelle regioni del Nord risulti in crescita rispetto allo stesso mese del 2023 (+12mila unità per il Nord-Ovest e + 11mila per il Nord-Est), a fronte di una tendenza negativa per il Centro e il Mezzogiorno (-9mila e -11mila).

Mondo pet: gatti e cani in casa “fanno stare bene”

Emerge da una recente ricerca di BVA Doxa realizzata per conto di Purina: gli italiani esprimono il loro amore per gli animali di casa, si dimostrano attenti a quello che mangiano e non badando troppo a spese per la loro cura. 

L’indagine di BVA Doxa fa luce su tendenze, preoccupazioni e gioie dei possessori di animali da compagnia in Italia, ed è stata presentata al Pet Summit, l’evento organizzato da Il Sole 24 Ore in collaborazione con Purina e Assalco, che si è tenuto a Milano lo scorso 27 febbraio.
E i dati confermano che gli animali da compagnia fanno stare bene, riducono lo stress e il senso di solitudine, e hanno un ruolo importante con gli umani a livello emotivo e relazionale, ma non solo.

Fonte di benessere e gioia per la famiglia

La ricerca offre uno sguardo sulla relazione tra esseri umani e animali da compagnia. I dati sono stati rilevati su un campione di 800 pet owner, il 50% di possessori di gatti e il 50% possessori di cani, composto da uomini e donne di età compresa tra 18 e 64 anni.

Circa la metà dei pet è arrivata in famiglia da oltre tre anni, spesso sono stati regalati da amici o familiari, oppure sono stati presi in adozione da un’associazione. E dalla ricerca emerge che gli italiani si avvicinano al mondo pet con un profondo senso di rispetto e consapevolezza. La presenza di un animale in famiglia è stata confermata come una fonte di gioia e benessere per tutti.

Un ruolo importante a livello emotivo e relazionale

Sono numerose le attività di accudimento che i pet owner svolgono per i propri animali, ma principalmente consistono nel fornirgli cibo e acqua e nel farli giocare.

Agli animali da compagnia è riconosciuto un ruolo importante a livello emotivo e relazionale. Questo perché i pet danno amore, fanno compagnia e fanno sentire meglio le persone.
Quanto al rapporto tra i pet e i bambini o i ragazzi, gli animali svolgono un ruolo importante nella crescita dei più piccoli, li aiutano a sviluppare il senso di responsabilità e li aiutano nel creare legami emotivi e sociali

Cibo industriale ma di qualità

Riguardo al cibo, la quasi totalità dei possessori di pet fa ricorso al cibo industriale, che deve però avere caratteristiche precise. Ovvero, contenere ingredienti di qualità, deve essere di una marca di fiducia, deve essere consigliato dal veterinario, e avere un buon contenuto proteico.

E se non sono ancora molti gli ambienti di lavoro in cui è consentito portare il proprio pet, la possibilità teorica di poter portare il proprio animale sul luogo di lavoro suscita un discreto interesse. Soprattutto tra i possessori di cani, anche se a oggi non si tratta di un’adesione incondizionata.

Banda ultralarga e aziende alimentari: fatturato in crescita per il 44%

Quasi l’80% delle aziende del comparto alimentare con accesso alla banda ultralarga evidenzia un miglior controllo dei processi di produzione, il 72% una maggiore efficienza, e il 61% un migliore controllo di qualità e sicurezza. E quasi la metà di queste aziende, il 44%, dichiara di avere chiuso il 2023 con una prospettiva di fatturato in crescita, staccando le imprese non connesse di ben 20 punti percentuali.

È quanto emerge da una ricerca commissionata da EOLO, il fornitore di connettività tramite tecnologia FWA e prima B Corp del settore delle telecomunicazioni in Italia, a Community Research&Analysis, sotto la direzione scientifica del professor Marini dell’Università degli Studi di Padova.

Un volano per la crescita economica del Paese 

La banda ultralarga è senz’altro un volano per la crescita economica del Paese, e il settore alimentare non fa eccezione.
Considerando tutti i dati presi in esame dalla ricerca, le aziende non connesse tendono a minimizzare gli effetti della connettività sulla propria attività. Infatti, chi non dispone della banda ultralarga è meno incline a valutarne l’impatto positivo, con differenziali negativi che toccano anche i 25 punti percentuali.

Un esempio è la gestione efficiente della catena di fornitura.
In questo caso, la banda ultralarga gioca un ruolo fondamentale per le aziende già connesse (75%), ma meno della metà delle realtà non connesse è dello stesso avviso.

Le aziende connesse investono di più

Un’ulteriore evidenza dei benefici della banda ultralarga per le aziende del settore si riscontra anche nelle previsioni di investimenti.

Quasi il 20% delle aziende non connesse prospetta una riduzione degli investimenti nella propria attività, una percentuale simile a coloro che intendono invece aumentarli (22,9%).
Tra le aziende connesse questi numeri migliorano sensibilmente. Le previsioni di investimenti in aumento raggiungono il 27,6%, mentre solo il 14% del campione si attende una contrazione.

“La soluzione migliore per raggiungere i territori a bassa densità di popolazione”

“La connettività è un driver di sviluppo fondamentale per il Paese, permettendo alle aziende di crescere e diventare più competitive – ha sottolineato Andrea Pelizzaro, chief sales officer di EOLO -. Per rendere sempre più aree del Paese connesse, la tecnologia di EOLO gioca un ruolo cruciale, perché rappresenta la soluzione migliore per raggiungere i territori a bassa densità di popolazione. È infatti in queste aree che si concentrano molte piccole e medie imprese anche nel settore alimentare, che non potendo accedere alla banda ultralarga si trovano a competere in una situazione di svantaggio”.

Mind Health: il 28% degli italiani riporta una forma di disturbo mentale

Obiettivo, promuovere una cultura che superi lo stigma e sostenga la prevenzione. È questo l’impegno del Gruppo AXA sui temi della salute e del benessere mentale, che in collaborazione con IPSOS ha condotto l’edizione 2024 di Mind Health Report, l’indagine svolta in 16 Paesi, tra cui l’Italia. 
Dai dati emerge come il 60% degli italiani nel 2023 dichiari di aver affrontato almeno una difficoltà personale, in particolare le donne e i giovani.

Insomma, la salute mentale continua a destare preoccupazione a livello globale, con il 32% della popolazione che riporta una forma di disturbo mentale, percentuale in aumento di 5 punti rispetto al 2022.
Un quadro che desta preoccupazione anche in Italia, dove la percentuale scende al 28%, ma rispetto allo scorso anno cresce di 6 punti.

Ansia e depressione i disturbi più comuni

Se ansia (14%) e depressione (12%) sono i disturbi più comuni, ciò che emerge da questa nuova edizione del report è la scarsa consapevolezza sul tema del benessere mentale e sull’importanza di un supporto professionale. Cresce infatti il trend relativo all’autodiagnosi e alla gestione autonoma dei disturbi. Rispetto al 2022, il numero di diagnosi effettuate da professionisti è in calo, mentre salgono significativamente le diagnosi fatte in autonomia o su Internet (+8%).

Inoltre, 9 italiani su 10 (88%) valutano la propria condizione mentale come buona o media, mentre un quarto della popolazione (26%), ad esempio, manifesta sintomi riconducibili a depressione, ansia o stress in forma grave o molto grave.

Ma gli italiani preferiscono non consultare il medico

Sul fronte della gestione e della cura, il 44% degli italiani ha scelto di auto-gestire i disturbi relativi al benessere mentale, un trend in aumento di 7 punti rispetto al 2022, e più diffuso rispetto al resto del mondo (40%).
Un terzo degli italiani sospettati di soffrire di depressione, ansia o stress (33%), inoltre, non ha consultato un medico quest’anno.

A livello globale le difficoltà mentali tendono a esser ricondotte principalmente a ragioni personali (33%) piuttosto che professionali (23%).
Tuttavia, in Italia come nel resto del mondo, il 76% dei lavoratori sta manifestando almeno un disturbo collegabile al lavoro, tra cui stanchezza, perdita di energie e di interesse, disturbi del sonno, stress e ansia.

Lavoro: il disimpegno è un campanello d’allarme

La condizione di disagio attraversa trasversalmente tutta la popolazione aziendale, ma è significativa l’evidenza che vede i giovani riportare percentuali di disagio in linea con la popolazione più anziana.

Il disimpegno è uno dei primi campanelli di allarme che le aziende dovrebbero prendere in considerazione. Nonostante il dato sia più basso della media, il 62% degli italiani pianifica di dedicare meno energie al lavoro (rispetto al 69% a livello globale), mentre il 44% sta pensando di lasciare o cambiare impiego.

A livello globale, il 23% dei lavoratori ha preso un congedo per malattia a causa di problemi di benessere mentale (38% tra i giovani lavoratori).
In Europa, comunque, è l’Italia il Paese con il minor numero di assenze per malattia (16% vs 22% Europa).

Giovani e intelligenza artificiale, quali i rischi per i teenager?

I più giovani hanno per definizione un notevole interesse e una grande confidenza con la tecnologia. Sono infatti sempre alla ricerca di nuove applicazioni o strumenti che possano semplificare la loro vita. Questa tendenza è stata confermata dalla ricerca sul tema “Intelligenza Artificiale” condotta da BVA Doxa e Telefono Azzurro e presentata recentemente in occasione del Safer Internet Day 2024, l’evento europeo mirato a sensibilizzare sull’utilizzo consapevole e responsabile di Internet. L’indagine ha coinvolto 806 ragazzi di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

Il 94% dei ragazzi conosce l’IA

Il 94% dei ragazzi ha sentito parlare di Intelligenza Artificiale e conosce la sua definizione, mentre il 9% ritiene di possedere una conoscenza molto buona. Più del 70% ha un’opinione positiva sull’IA, tanto da consigliarne l’utilizzo a familiari e amici (24%). Per il 13%, l’Intelligenza Artificiale è utile anche per distrarsi dai problemi quotidiani e ricevere supporto nelle sfide emotive e psicologiche.

I timori legati alla rete

I giovani sono sempre più utilizzatori e consumatori di servizi internet, ma non mancano le preoccupazioni in merito. In particolare, il 31% del campione teme un possibile furto d’identità. Il 28% si preoccupa per la privacy e la sicurezza dei propri dati personali. Altri potenziali rischi riguardano la scarsa protezione da situazioni dannose e violente, con il 21% che ha paura di danni alla reputazione dovuti alle immagini generate dall’AI. Il 20% teme di entrare in contatto con contenuti inappropriati, mentre il 10% esprime preoccupazione per la creazione di immagini pedopornografiche.

ChatGpt, uno strumento noto

L’indagine ha esaminato anche l’uso di chatbot da parte dei ragazzi. Il più famoso, ChatGpt, risulta conosciuto da 8 ragazzi su 10. Il 6% lo utilizza quotidianamente, mentre il 40% più volte a settimana. Il 54% ritiene che il principale aspetto positivo di ChatGpt sia la facilità d’uso e la possibilità di essere utilizzato per diverse attività. Tuttavia, il 34% sottolinea la difficoltà nell’avere accesso a fonti sicure e attendibili, mentre il 51% teme che l’utilizzo renda più pigri.

Per concludere

In conclusione, i giovani italiani dimostrano una buona conoscenza e un’accoglienza favorevole verso l’Intelligenza Artificiale. Allo stesso tempo, però, le nuove generazioni esprimono alcune preoccupazioni riguardo alla sicurezza online, alla privacy e all’impatto sociale degli strumenti tecnologici. I teenager italiani sono quindi ben disposti nei confronti dell’IA, però manifestano anche un pensiero critico fondamentale per un corretto utilizzo.

UE, a gennaio 2024 il mercato dell’auto ingrana la marcia

Nel gennaio 2024, il mercato delle auto nuove nell’Unione Europea ha segnato una ripresa dopo il rallentamento di dicembre 2023, con un aumento del 12,1% nelle immatricolazioni su base annua, raggiungendo le 851.690 unità.

I principali mercati del blocco hanno tutti registrato significative crescite, con la Germania in testa con un +19,1%, seguita da Italia (+10,6%), Francia (+9,2%) e Spagna (+7,3%), che hanno riportato incrementi a una o due cifre.

Elettriche, ibride, benzina o diesel: quali le preferite?

Nel mese di gennaio, le auto elettriche a batteria rappresentavano il 10,9% della quota di mercato (rispetto al 9,5% di gennaio 2023), mentre le auto ibride-elettriche si attestavano al 30%, confermandosi come la seconda scelta preferita dagli europei. La quota combinata di auto a benzina e diesel era del 50%, segnando un calo rispetto al 54% dell’anno precedente.

Exploit dell’elettrico

Le vendite di nuove auto elettriche a batteria a gennaio 2024 sono cresciute del 28,9%, raggiungendo le 92.741 unità, pari al 10,9% del mercato totale. I quattro principali mercati dell’UE hanno registrato incrementi robusti a doppia cifra, con Belgio (+75,5%), Paesi Bassi (+72,2%), Francia (+36,8%) e Germania (+23,9%). Lo sottolinea Acea, l’associazione dei costruttori europei.

Le auto ibride-elettriche hanno visto un aumento del 23,5% nelle nuove immatricolazioni nell’UE a gennaio, trainate da crescite significative in Spagna (+26,5%), Francia (+29,9%), Germania (+24,3%) e Italia (+14,2%), raggiungendo le 245.068 unità e una quota di mercato del 28,8%.
Le vendite di auto elettriche ibride plug-in sono risalite nel gennaio 2024, con un aumento del 23,8% a 66.660 unità, guidato da incrementi notevoli in Belgio (+65,2%) e Germania (+62,6%). Le auto ibride plug-in rappresentano ora il 7,8% delle vendite totali di auto nell’UE.

La benzina tiene, il diesel cala

Il mercato delle auto a benzina ha registrato una crescita del 4% nell’UE a gennaio 2024, trainato da notevoli aumenti in Italia (+26,7%) e Germania (+16,9%). Nonostante la leadership con il 35,2% del mercato, la quota delle auto a benzina è diminuita rispetto al 37,9% di gennaio 2023.

Al contrario, il mercato delle auto diesel nell’UE ha subito una contrazione del 4,9% a gennaio, con cali evidenti in Francia (-23,4%), Spagna (-10,2%) e Italia (-8,7%), ma la Germania ha registrato un tasso di crescita del 4,3%. Le vendite di auto diesel hanno rappresentato il 13,4% del mercato, in calo rispetto al 15,8% di gennaio 2023.

Ransomware, oltre un miliardo di dollari di riscatto nel 2023. Cosa succederà adesso?

Nel corso del 2023, gli attacchi di ransomware hanno raggiunto livelli senza precedenti, prendendo di mira primarie istituzioni  e infrastrutture sensibili, tra cui ospedali, scuole e agenzie governative. Non solo: software malevoli di trasferimento file come MOVEit sono stati utilizzati per attaccare aziende di fama internazionale come la BBC e la British Airways.

Complessivamente, i cybercriminali hanno estorto alle vittime, come riscatto, oltre un imiliardo di dollari in criptovaluta. Lo rivela un recente rapporto della società tecnologica Chainalysis.

Il 2023: anno di svolta per il ransomware

Il 2023 rappresenta un punto di svolta per il ransomware, dato che nel 2022 si era registrato un deciso calo degli attacchi. L’anno passato i pagamenti di ransomware hanno superato la soglia del miliardo di dollari, il massimo mai registrato. Sebbene il 2022 avesse mostrato una diminuzione nel volume di questi riscatti, l’andamento complessivo dal 2019 al 2023 traccia un’escalation del problema. Tra l’altro, la cifra record indicata – più di un miliardo di dollari – non include l’impatto economico derivante dalla perdita di produttività e dai costi di ripristino associati agli attacchi.

Il 2022 è stato un’anomalia, purtroppo non una tendenza 

Il 2022 aveva visto una diminuzione delle attività di ransomware, influenzata da vari fattori, tra cui eventi geopolitici come il conflitto russo-ucraino. Questo conflitto aveva distratto gli hacker, spostando la loro attenzione verso attacchi informatici motivati politicamente e trascurando quelli di tipo finanziario. Tuttavia, nel 2023 il ransomware “tradizionale” è ripartito con una maggiore forza. 

I trend emergenti

Il 2023 ha visto una crescita esponenziale nel numero di minacce informatiche, con 538 nuove varianti di ransomware segnalate da Recorded Future. La “caccia grossa”, come la definisce Chainalysis, è diventata la strategia dominante, con una percentuale sempre maggiore dei pagamenti di ransomware superiore a un milione di dollari.

Il rebranding e l’utilizzo di ceppi sovrapposti di software malevoli restano il modus operandi dei cybercriminali, che così riescono a colpire più volte le stesse vittime – ma con nomi diversi –  e a evitare l’individuazione.

Per concludere

In conclusione, l’anno appena passato ha portato cambiamenti significativi nel panorama del ransomware, con tattiche sempre più sofisticate, l’aumento di gruppi di criminali informatici  e l’uso di exploit zero-day per attacchi di grande portata. La diffusione del RaaS e la semplificazione degli attacchi indicano un approccio più efficiente e aggressivo da parte degli hacker. 

Le buone notizie sono che l’ecosistema del ransomware è più piccolo di quanto sembri, e la blockchain consente di identificare i rebranding a opera degli stessi gruppi. Per queste ragioni, sono necessarie una costante vigilanza e una immediata risposta per contrastare tale minaccia.

Anagrafe delle imprese: stabili le iscrizioni (+0,7%), aumentano le chiusure (+2,1%)

Emerge dai dati Movimprese, elaborati da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio: il saldo 2023 per le imprese italiane resta positivo (+0,7%), con 42mila nuove imprese registrate negli ultimi dodici mesi. Oltre il 70% però opera in soli tre macro-settori, costruzioni, turismo e attività professionali.

In uno scenario economico caratterizzato da inflazione, tensioni geopolitiche e cambiamenti tecnologici, il saldo quindi non è positivo per tutti gli ambiti di attività, e le chiusure crescono del +2,1%.
In ogni caso, il settore più dinamico, in termini di crescita imprenditoriale, è il comparto delle costruzioni, che nonostante l’incertezza sulle prospettive dei bonus legati all’edilizia alla fine del 2023 conta +13.541 imprese rispetto al 2022 (+1,62%).

Anno positivo per il comparto vacanze

Bene anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, che a fine 2023 presentano un aumento significativo di 11mila imprese, trainate dal ‘boom’ della consulenza aziendale e amministrativo-gestionale. Il saldo positivo è di oltre 6.000 attività, per una variazione relativa dell’8%.

Anno positivo anche per il comparto della vacanza, in cui si contano 3.380 attività di alloggio aggiuntive (+5,13%) e 3.015 bar e ristoranti in più rispetto al 2022 (+0,77%).

Alla crescita hanno contribuito significativamente anche le attività immobiliari, che a fine 2023 contano 5.197 imprese in più dell’anno precedente (+1,72%).
A fronte di questi risultati positivi, i settori più tradizionali continuano a segnalare un restringimento della platea delle imprese.

Commercio -0,6%, agricoltura -1,05%, manifattura -0,56%

Il 2023 per il commercio si è chiuso con una riduzione complessiva di 8.653 attività (-0,6%), anche se il ‘processo di selezione’ ha riguardato essenzialmente il commercio al dettaglio, che nel 2023 ha perso quasi 7.700 unità. Nell’agricoltura, il bilancio di fine anno evidenzia una riduzione complessiva di 7.546 imprese (-1,05%) mentre la manifattura presenta una perdita complessiva di 2.962 imprese (-0,56%). 

Una performance per quest’ultimo settore che tocca tutti comparti, con la sola eccezione delle imprese di riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature (+1.137 unità), accompagnata da una sostanziale stabilità delle industrie di cantieristica navale, aerospaziale e ferro-tramviaria (+56), e delle bevande (+37).

Più Spa meno società individuali 

Guardando al territorio, i dati indicano in crescita il tessuto imprenditoriale di tutte le quattro aree geografiche.
Con le sue 14.948 imprese in più, il Mezzogiorno ha determinato più di un terzo dell’intero saldo annuale, staccando il Nord-Ovest (+11.210) e il Centro (+10.626).

In termini assoluti, meglio di tutte hanno fatto Lombardia (+10.562), Lazio (+9.710) e Campania (+6.351). Il Lazio (+1,59%) registra invece la crescita più sostenuta in termini relativi; seguono la Lombardia (+1,12%) e la Campania (+1,04%).
L’intero saldo positivo è spiegato dalla crescita delle società di capitale: +57.846 (+3,1%), in linea con il 2022. Le imprese individuali continuano a rappresentare la metà dello stock di imprese esistenti (50,6%), ma sono in flessione di quasi 2mila unità (-0,1%).

La patente di guida non è più uno status: i giovani italiani… aspettano

Patente appena compiuti i 18 anni? Sì, ma non per tutti. Il desiderio di mettersi alla guida, un tempo così sentito, in Italia sembra essersi offuscato un po’. Tanto che l’età media per ottenere la patente è di circa 19 anni e 10 mesi. Lo rivela una recente indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat. In particolare, il 50% degli intervistati ha conseguito la patente a 18 anni, il 23% a 19 anni e il 10% a 20 anni, mentre solo uno su sei l’ha ottenuta dopo i 21 anni.

Sebbene oltre il 90% degli italiani tra i 18 e i 74 anni possieda la patente, emerge una differenza di genere nel momento di ottenere la licenza, con gli uomini che in media la conseguono quasi un anno prima rispetto alle donne.

Il 10% dei ragazzi preferisce i mezzi alternativi (specie in città)

L’auto è tradizionalmente considerata uno status symbol in Italia, ma l’indagine rivela che solo la metà dei diciassettenni ha l’intenzione di prendere la patente immediatamente dopo aver raggiunto la maggiore età. Il 32% ha dichiarato di volerla ottenere, ma con calma, mentre circa il 10% ha affermato di non avere intenzione di prendere la patente perché si sposta con mezzi alternativi.

Questa tendenza è più evidente nelle grandi città, dove le opzioni di mobilità sono maggiori. Alcuni intervistati (circa il 10%) hanno ammesso di non sapere quando o se otterranno la patente, indicando che non è una priorità immediata per loro.

Voglia di guidare maggiore nel Sud e nelle Isole

A livello geografico, emerge una differenza nelle intenzioni dei diciassettenni: nel Sud e nelle Isole, il 63% vuole ottenere la patente subito, mentre al Nord la percentuale di chi intende farlo con calma arriva al 39%.

Analizzando la fascia di età 18-24 anni, la percentuale di coloro che hanno la patente scende al 73%, e i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti indicano un calo costante nella quota percentuale di giovani che ottengono la patente. 

Cambiano i comportamenti, anche al volante

Nel 2022, su circa 1,1 milioni di patenti emesse, il 62% era destinato a giovani sotto i 21 anni, in diminuzione rispetto al 73% del 2013. Questi dati riflettono un cambiamento nei comportamenti dei giovani italiani nei confronti dell’ottenimento della patente di guida.

Acquisti on line, addio al reso gratuito?

Rivoluzione in corso nel campo della restituzione degli acquisti effettuati su web. In tutto l’Occidente, infatti, sempre più persone si trovano a dover affrontare commissioni per resi online. Nel Regno Unito, ben 8 rivenditori online su 10, come ad esempio il colosso della moda Zara, hanno abbracciato questa nuova politica, addebitando commissioni per la restituzione degli articoli. Una mossa che sembra dare l’inizio a un cambiamento epocale e che pare destinata a diffondersi in tutto il mondo.

Negli Usa i grandi brand hanno introdotto le commissioni di reso 

Negli Stati Uniti, big player come Zara, Macy’s, Abercrombie & Fitch, J. Crew ed H&M hanno introdotto commissioni fino a 7 dollari per i resi postali. Anche giganti come Amazon, seppur in maniera limitata, applicano una fee di 1 dollaro in alcuni casi di reso tramite UPS Store. Il reso gratuito, un tempo garantito, sembra essere una comodità in via di estinzione.

E in Italia cosa accade? 

Al momento in Italia, riferisce Adnkronos, la politica del reso a pagamento non ha ancora preso piede. Zara permette resi gratuiti solo se effettuati nei negozi fisici, mentre H&M, in un’ottica più selettiva, offre il reso gratuito solo ai propri membri, addebitando 2,99 euro agli altri acquirenti.

Il fenomeno del “bracketing” e la sostenibilità ambientale

La crescente tendenza del “bracketing” – acquistare più taglie o colori per poi restituire gratuitamente gli articoli non desiderati – ha reso compulsiva e non più sostenibile la politica dei resi gratis. In America, il 17% degli acquisti online del 2022 è stato restituito, per un importo equivalente a 816 miliardi di dollari. Questo comportamento, oltre a danneggiare l’economia, ha gravi ripercussioni ambientali.

L’impatto del reso gratis 

Il processo di reso gratuito impone alle aziende un pesante carico finanziario ed ecologico. Ogni articolo restituito richiede trasporto, controllo, riparazione e riconfezionamento prima di essere rimesso in vendita. Una filiera costosa e inquinante che ha spinto molte aziende a perdere fino al 50% del loro margine sui resi.

La necessità di un cambiamento

La fine del reso gratuito non solo risponde a esigenze economiche, ma si inserisce anche nel contesto di una maggiore responsabilità ambientale. Le istituzioni europee stanno già cercando di regolamentare il settore per aumentare la sostenibilità, ma sono necessari ulteriori sforzi. La sfida ambientale può essere vinta solo con l’impegno di ogni parte sociali, compresi i consumatori. L’addio a politiche di reso senza costi è un passo avanti verso una maggiore consapevolezza e responsabilità da parte di tutti.