Si spende di più ma si compra meno, ed è boom dei discount

La sensazione di tanti consumatori di spendere sempre di più per comprare meno è confermata dai dati Istat sulle vendite al dettaglio, che anche nel mese di luglio vedono il calo del volume degli acquisti raggiungere il 4,5% su base annua, a fronte di una spesa superiore del 2,7%. Insomma, l’inflazione insiste nel mettere alla prova il potere d’acquisto delle famiglie italiane, che sempre più ricorrono per i loro acquisti ai discount, in crescita del 10,5%. Intanto il governo cerca di stringere sul patto salva-spesa che potrebbe rientrare nell’accordo sul trimestre anti-inflazione. Un’iniziativa che dal primo ottobre offrirà un paniere di prodotti di prima necessità a prezzi calmierati nei negozi, super e ipermercati aderenti, contrassegnati da un bollino tricolore.

Un paniere salva-spesa ribassato del 10%

“Perché funzioni realmente – dichiara Assoutenti – il paniere salva-spesa deve vedere seriamente impegnate tutte le parti in causa, dal commercio ai produttori, e deve portare a un sensibile ribasso dei prezzi”.
Un ribasso del 10% sui prodotti del carrello della spesa, stima l’associazione, porterebbe a risparmi di 4 miliardi, pari a oltre 155 euro per la famiglia media nell’arco del trimestre. Più scettica, l’Unione nazionale consumatori bolla la bozza di intesa come “parole includenti, generiche e prive di impegni precisi”.

Ritorna la cucina povera dei piatti anti spreco

L’iniziativa interverrebbe in un contesto di consumi fiacchi dove le vendite dei prodotti a basso prezzo sono le uniche in crescita. La Coldiretti registra anche un ritorno della cucina povera dei piatti anti spreco preparati in quasi 7 famiglie su 10, dalla frittata di pasta alla panzanella e alle polpette recuperando della carne rimasta, ma anche la ribollita o i canederli. In generale, secondo Confcommercio, non è allarmante il dato puntuale sulle vendite di luglio, che vede rispetto a giugno una crescita del +0,4% in valore e un calo del -0,2% in volume, è “invece preoccupante il quadro che si sta delineando mettendo a sistema gli indicatori congiunturali relativi a terzo trimestre”.

Intanto a svuotare i portafogli continua a pensarci anche la benzina 

Per l’anno in corso, lo stesso traguardo di una variazione del Pil all’1% sarebbe in discussione. Confesercenti sottolinea che le difficoltà sono maggiori per le piccole imprese, con vendite in calo anche in valore, e che per oltre metà dei negozi di moda i saldi estivi hanno avuto scontrini inferiori al 2022. Intanto, riporta Ansa, a svuotare i portafogli dei consumatori continua a pensarci la benzina, con il servito che raggiunge i 2,1 euro al litro, secondo le elaborazioni di Quotidiano Energia.

Italia, come sono cambiati i consumi negli ultimi 30 anni?

Negli ultimi trent’anni, l’Italia ha vissuto un notevole cambiamento nei consumi della popolazione. Un cambiamento pilotato principalmente dalla tecnologia e dai telefoni cellulari. Questi mutamenti hanno avuto un impatto significativo sulle abitudini di spesa delle famiglie italiane. I principali protagonisti di questa trasformazione sono stati i prodotti tecnologici, come i personal computer e i dispositivi audiovisivi e multimediali, ma soprattutto i telefoni cellulari. La spesa pro capite per questi ultimi è aumentata incredibilmente del 5.339%, mentre i PC hanno visto un aumento del 786% in termini reali. Questi dispositivi hanno rivoluzionato la vita quotidiana, diventando indispensabili per la comunicazione e l’intrattenimento. I dati sono il frutto dell’analisi effettuata dall’Ufficio Studi di Confcommercio sulle abitudini di consumo delle famiglie italiane nel periodo dal 1995 al 2023

Aumenta la spesa per il tempo libero

Nel settore del tempo libero, i servizi ricreativi e culturali hanno registrato una crescita significativa del 93%, dimostrando che gli italiani sono disposti a investire nel loro svago e nella cultura. Tuttavia, sono stati in calo i consumi domestici, come i pasti cucinati in casa (-11,2%), i mobili ed elettrodomestici (-5,1%) e il consumo di elettricità e gas (-12,2%), in parte grazie a politiche di risparmio energetico e alla riduzione degli sprechi. Nonostante questi cambiamenti, la spesa complessiva delle famiglie nel 2022, pari a 20.810 euro pro capite, è ancora inferiore ai livelli del 2019, che erano di 20.914 euro. Inoltre, nel 2024 non si prevede un completo recupero dei livelli di picco del 2007, quando la spesa pro capite raggiunse i 21.365 euro.

Il 2023 segna il ritorno alla normalità

Tuttavia, il 2023 segna un ritorno alla normalità, in gran parte grazie al settore turistico. I viaggi, le vacanze e gli alberghi registrano aumenti significativi rispetto all’anno precedente (+23,6%), così come i servizi ricreativi e culturali (+9,7%) e i bar e i ristoranti (+8%). Questi settori stanno contribuendo in modo consistente alla ripresa economica. In attesa di una ripresa dell’industria manifatturiera orientata all’esportazione, il terziario di mercato, composto principalmente da tempo libero, tecnologia e settore turistico, sembra essere il motore principale della crescita economica. Ciò dovrebbe essere sostenuto anche dalle riforme e dagli investimenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Una crescita strutturale limitata nel lungo periodo?

Tuttavia, i dati evidenziano una crescita strutturale limitata nel lungo periodo. La speranza di invertire questa tendenza con riforme e investimenti potrebbe essere difficile da realizzare. La tecnologia, in particolare i telefoni cellulari, ha guidato una grande parte dell’incremento dei consumi, mentre altre categorie di spesa, come l’abbigliamento e le calzature, rimangono ai livelli degli ultimi trent’anni.
Inoltre, le politiche di risparmio energetico hanno ridotto la spesa per l’elettricità e il gas, mentre le dinamiche demografiche stanno influenzando la spesa per l’alimentazione. La popolazione più anziana richiede meno alimenti di base e più servizi, e le imprese devono adeguarsi a queste sfide.

Quanti sono i Paperoni a livello mondiale? Più di quanto si pensi

Secondo l’ultima edizione del Wealth Report, pubblicato da Knight Frank, un’agenzia immobiliare che analizza i mercati top spender, nel 2022 il numero di individui ad alto patrimonio netto è diminuito del 3,8% a livello globale, dopo l’aumento record del 9,3% nel 2021. Nonostante questo calo, ci sono state alcune eccezioni sia in determinati paesi sia tra diverse fasce di reddito, come gli “UHNWI” (ultra-high-net-worth individuals, individui con patrimonio ultraelevato), gli HNWI (high-net-worth individuals, individui con patrimonio elevato) e i miliardari.

Nel 2022 cala il numero dei super-ricchi 

Il calo degli UHNWI a livello globale nell’anno precedente è stato in gran parte causato dalla debolezza dei mercati azionari e obbligazionari. Tuttavia, 100 mercati immobiliari di lusso a livello globale hanno registrato una crescita media dei prezzi del 5,2% e un aumento del 16% degli investimenti di lusso, contribuendo ad attenuare la diminuzione della ricchezza. Nel complesso, la popolazione degli UHNWI nel mondo è cresciuta del 44% in cinque anni fino al 2022. Nonostante sia previsto un rallentamento della crescita al 28,5% nei prossimi cinque anni, si prevede che la diminuzione sia di breve durata grazie all’adattamento a un nuovo contesto economico.

Medio Oriente e Arabia Saudita, nuovi paradisi dei milionari

Il Medio Oriente è stato in netto contrasto con la tendenza globale, con un aumento del 16,9% degli individui con un patrimonio netto superiore a 30 milioni di dollari nel 2022. Gli Emirati Arabi Uniti sono stati particolarmente in crescita, con un aumento dell’18,1%, seguiti dall’Arabia Saudita con un aumento del 10,4%. Anche l’Africa ha registrato cifre positive con un aumento del 6,3% dei super ricchi, mentre l’Oceania e le Americhe hanno registrato solo un lieve incremento, rispettivamente dello 0,7% e dello 0,2%. L’Asia è rimasta coerente con la diminuzione globale della ricchezza, con una diminuzione del 6,5% della popolazione dei super ricchi, sebbene Malaysia, Indonesia e Singapore abbiano smentito questa tendenza. L’Europa ha subito una diminuzione degli ultra ricchi, con una diminuzione dell’8,5% degli UHNWI nel 2022. Le uniche eccezioni sono state l’Irlanda (+3,9%) e il Principato di Monaco (+0,9%).

Nei prossimi anni aumenterà ancora la ricchezza

Mentre la popolazione dei super ricchi è diminuita, quella degli HNWI è aumentata del 2,9% nel 2022. A livello mondiale, ci sono quasi 70 milioni di persone che possiedono un patrimonio netto superiore a 1 milione di dollari. I primi tre paesi in classifica sono la Malaysia, il Brasile e l’Indonesia. Il numero di miliardari è invece diminuito del 5%, raggiungendo quota 2.629 a livello globale. Secondo il modello di dimensionamento della ricchezza di Knight Frank, si prevede che la popolazione globale degli UHNWI si espanderà del 28,5% nei prossimi cinque anni, passando da 579.625 a quasi 750.000 individui, sebbene con una crescita più lenta rispetto al periodo 2017-2022 (+44%). Il numero di HNWI dovrebbe invece aumentare del 56,9% superando i 100 milioni nei prossimi cinque anni. Le prime dieci località con la crescita più rapida potrebbero essere in Europa e in Asia, con l’Ungheria al primo posto con un aumento del 75% della popolazione HNWI, seguita dalla Turchia (70%) e dalla Polonia (67%). Gli Stati Uniti manterranno il loro primato con la popolazione di milionari più numerosa a livello globale, prevista un aumento del 24,6%. In Italia, si prevede che la popolazione degli individui con patrimonio netto elevato (HNWI) aumenterà del 41% in cinque anni, passando da 2 milioni di persone nel 2022 a oltre 2,8 milioni nel 2027. Gli UHNWI, coloro che hanno un patrimonio netto superiore a 30 milioni, aumenteranno dell’8,6% in cinque anni, passando da circa 16.490 individui nel 2022 a 17.900 nel 2027.

Quanti milioni servono per essere “Paperoni?

Il Dipartimento di Ricerca e Sviluppo di Knight Frank ha anche identificato il livello di ricchezza individuale necessario in ogni paese per far parte dell’1% più ricco. Nel Principato di Monaco, che detiene il primato globale dei super ricchi, un individuo ha bisogno di almeno 12,4 milioni di dollari per far parte di questa categoria. Questa cifra è quasi il doppio rispetto alla soglia in Svizzera, dove l’1% più ricco possiede almeno 6,6 milioni di dollari. L’Australia si posiziona al terzo posto con 5,5 milioni di dollari, seguita dalla Nuova Zelanda e dagli Stati Uniti rispettivamente con 5,2 e 5,1 milioni di dollari. In Italia, invece, per far parte dell’1% più ricco, sono necessari almeno 2,6 milioni di dollari.

Abitare: la casa è una priorità per gli italiani, ma cala il potere d’acquisto

Anche il 2023 conferma il grande interesse degli italiani nei confronti della casa, ma per quasi la metà delle famiglie le disponibilità economiche oggi sono appena sufficienti a far fronte alle spese primarie.
La perdita di potere d’acquisto si traduce in una minore quota di nuclei che riesce a risparmiare (33,8%,) con un impatto diretto sulle tendenze legate all’abitare, ovvero, la scelta di acquistare un’abitazione o quella di vivere in affitto. Nonostante nel 2023 il clima di fiducia delle famiglie italiane recepisca i segnali positivi provenienti dall’aumento della produzione industriale e dagli interventi di sostegno varati dal Governo, la capacità reddituale delle famiglie lascia intravedere campanelli dall’allarme. Emerge dall’Indagine sulle famiglie 2023 presentata da Nomisma all’interno del 16° rapporto sulla finanza per l’abitare. 

Permane l’intenzione ad acquistare, ma spesso l’affitto è l’unica soluzione

Sono circa 3,1 milioni le famiglie intenzionate ad acquistare un’abitazione nei prossimi 12 mesi. L’acquisto di una prima casa riguarda complessivamente l’81,2% delle motivazioni manifestate dagli intervistati. Quanto alla locazione, dopo la forte ripresa nel 2022, si assiste a una flessione dei nuovi contratti. La quota di famiglie che ha fatto ricorso all’affitto di una o più abitazioni per un periodo superiore a 6 mesi passa dal 5,6% nel 2022 al 5% nei primi mesi del 2023.  Le motivazioni che sorreggono la scelta di vivere in locazione confermano come per il 56% delle famiglie l’affitto rappresenti l’unica soluzione percorribile, a causa delle risorse economiche insufficienti ad accedere al mercato della compravendita. E il 13%, considera la proprietà non conveniente.

Diminuisce il ricorso al credito

La quota di famiglie che nel 2023 prevede di avere difficoltà nel pagare il canone di locazione sale al 34,8% (+3% vs 2022).  Il 42,7%, però, farebbe sicuramente ricorso al finanziamento per l’acquisto dell’abitazione, mentre il 35,2% è intenzionato con buona probabilità a ricorrere al credito. Rispetto al 2022 la diminuzione della quota di potenziali proprietari che intende rivolgersi al sistema bancario per sostenere l’acquisto dell’abitazione è imputabile a un’autoesclusione causata da sistemi di finanziamento difficilmente accessibili, e da una maggiore onerosità derivante dal rialzo dei tassi di interesse.

Mutui: difficoltà a pagare le rate

La quota di nuclei che ha difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo scende al 6% (7,5% 2022), ma sale al 27,8% la percentuale di famiglie che nei prossimi 12 mesi teme di incontrare difficoltà nel rimborsare regolarmente le rate. Rispetto alla qualità del credito erogato, nel quarto trimestre 2022 la riduzione delle sofferenze relative ai prestiti per acquisto di abitazioni è risultata più marcata rispetto al credito al consumo, anche grazie a politiche di erogazione particolarmente attente alla sostenibilità del debito. Nonostante ciò, l’incidenza delle sofferenze legate ai mutui sul totale di sistema è leggermente aumentata, attestandosi al 13,6%. In questo contesto il processo di alleggerimento dei bilanci bancari è stato garantito dalla cartolarizzazione dei mutui, proseguita anche nel 2023. Tanto che a marzo di quest’anno i prestiti cancellati delle famiglie residenti ammontavano a 51,5 miliardi di euro. 

L’AI accelera la transizione digitale delle imprese

Oltre a intervenire su diversi ambiti della vita quotidiana, l’Intelligenza Artificiale è in grado di imprimere un’accelerazione nella transizione digitale delle imprese. Per le aziende le possibili applicazioni sono diverse: automazione di interi processi, come gestione dei dati e del personale, ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi con riduzione dei costi, tempi e aumento della qualità, personalizzazione della relazione con i clienti, e miglioramento dell’efficienza di dipendenti e collaboratori aziendali L’adozione dell’AI richiede, però, un cambio di mindset da parte di aziende e organizzazioni. “Non si tratta solo di acquisire tecnologie avanzate, ma di implementare un approccio olistico – commenta all’Adnkronos Paolo Lobetti Bodoni, consulting leader di EY Italia -. Questa modalità di implementazione a 360° è la chiave per generare vero valore a lungo termine”.

Per un’applicazione su larga scala serve una spinta decisa

Ignorare questa nascente rivoluzione fornita dall’AI “significa condannare le proprie imprese a una minor competitività nel mercato globale, e per l’Italia, perdere l’opportunità di accelerare la propria trasformazione digitale”, aggiunge Lobetti Bodoni.
Per un’applicazione su larga scala dell’AI servirebbe una spinta decisa, ma non senza un’adeguata governance, che garantisca una corretta adozione della tecnologia, con particolare riferimento alla sicurezza e alla protezione dei dati. Oltre a investimenti, che per quanto riguarda il nostro Paese, pur aumentati del 30% nell’ultimo anno, ci vedono ancora piuttosto indietro rispetto a Usa, Cina, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna.

Un modello di business AI driven

Per fare in modo che l’AI rappresenti un valore aggiunto le imprese dovrebbero allineare la cultura, la struttura e le modalità di lavoro adottando una strategia integrata tra conoscenza del processo, etica e sicurezza. Il che si tradurrebbe in un cambio di atteggiamento complessivo, a cominciare dallo sviluppo di conoscenze specifiche, la definizione di processi di lavoro che integrino l’AI in modo efficace anche tramite regole chiare e un’infrastruttura adeguata.
Un modello di business ‘AI driven’, in cui l’organizzazione è interamente progettata attorno all’Intelligenza Artificiale e basata su di essa, e dove ogni funzione deve essere pensata per migliorare efficienza ed efficacia della strategia.

Il margine di crescita è ancora ampio

Finora le aziende che hanno accolto l’AI in tutta l’azienda hanno ottenuto un valore significativo dei loro investimenti, e in genere dedicano il 70% di tali investimenti all’integrazione dell’AI nei processi aziendali, il 20% alle tecnologie e il 10% negli algoritmi di AI. In ogni caso, l’impatto stimato dall’Osservatorio EY dell’uso dell’AI sul prodotto interno globale è di 15 trilioni di dollari entro il 2030. Attualmente, però, solo l’8% delle aziende è impegnato nell’adozione diffusa di tale tecnologia. Inoltre, se nell’ultimo anno l’Italia ha investito 457 milioni di euro nell’AI, a livello europeo sono stati investiti 15 miliardi. Il margine di crescita in questo settore in Italia è quindi ancora ampio.

Milano, industria: nel primo trimestre 2023 prosegue la crescita congiunturale  

Nel primo trimestre 2023 i dati congiunturali dell’industria sono positivi. Secondo le elaborazioni effettuate dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, il primo trimestre 2023 fa registrare un aumento rispetto al quarto trimestre 2022 sia della produzione industriale (+0,9% destagionalizzato), sia del fatturato (+2% destagionalizzato).A crescere sono anche le commesse acquisite dai mercati esteri (+2,1% destagionalizzato), mentre risultano in calo quelle interne (-1,3%).

Milano: aumentano produzione, fatturato e ordini

Per l’area di Milano, il quadro delinea un aumento congiunturale della produzione industriale e del fatturato (+0,3% e +2,3% destagionalizzato). La crescita rispetto al dato lombardo è maggiore per la produzione e per il fatturato locale (+1,8% per la Lombardia, destagionalizzato). Per gli ordini interni il dato congiunturale cresce in modo più marcato per l’industria milanese rispetto alla manifattura lombarda (rispettivamente +3,4% e +0,3 destagionalizzato), allo stesso modo gli ordini esteri, per cui la performance milanese risulta migliore (+6,4% rispetto al dato lombardo di +0,8% destagionalizzato).

L’area metropolitana milanese cresce anche rispetto al 2022

Secondo l’analisi tendenziale, il primo trimestre 2023 ha consentito all’area metropolitana milanese di crescere del 3,3% per la produzione, più del dato lombardo (+2,5% in un anno). Se si considera la crescita netta del fatturato, sempre raffrontata al primo trimestre 2022, l’aumento è del 9,1% a livello locale e del 7,7% a livello regionale.
In relazione al portafoglio ordini, si registra un livello superiore a quello relativo al primo trimestre 2022 (+6,5%), con performance migliore rispetto alla manifattura lombarda (+2,8%). Inoltre, i mercati esteri milanesi hanno ripreso la crescita in modo più incisivo (+11,1%) rispetto alla componente interna (+4,1%).

Monza e Brianza e Lodi

La crescita tendenziale della capacità produttiva di Monza e Brianza colloca i volumi prodotti a un livello superiore rispetto al primo trimestre 2022 (+3,3%), superiore rispetto al dato lombardo (+2,5%). Nello stesso periodo, i dati della manifattura brianzola per fatturato (+7,8%) sono in linea con il dato lombardo (+7,7%), mentre il portafoglio ordini del manifatturiero brianzolo evidenzia un incremento reale inferiore a quanto registrato in Lombardia (rispettivamente +2% e +2,8%).
Anche Lodi evidenzia una crescita rispetto al trimestre precedente per la produzione industriale (+2,7% destagionalizzato), accompagnato dalla crescita del fatturato (+0,5% destagionalizzato), dalle commesse acquisite dai mercati interni (+0,1% destagionalizzato), e dagli ordini esteri (+0,9%).
Relativamente all’analisi tendenziale, la crescita della produzione si attesta a +5,2%, performance migliore rispetto al dato lombardo (+2,5%), e in relazione al fatturato, il recupero si attesta a +3,6%, inferiore per intensità al dato regionale (+7,7%). Per quanto riguarda gli ordini, crescono in un anno del 2,6% rispetto al 2,8% lombardo.

Arriva la stagione delle diete, un business da 14 miliardi l’anno

Secondo l’Italian Barometer Obesity Report, in Italia le persone in eccesso di peso sono più di 25 milioni, e circa 6 milioni, pari al 12% della popolazione, è a tutti gli effetti obeso, con una incidenza maggiore al Sud (14%) rispetto al 10,5% del Nord-Ovest e del Centro. La fine delle festività di Pasqua, il rialzo delle temperature medie e l’avvio della bella stagione spinge ogni anno una fetta consistente di popolazione a modificare le proprie abitudini alimentari con l’obiettivo di perdere peso e migliorare il proprio aspetto fisico. Circa 16 milioni di italiani si metteranno quindi a dieta per migliorare il proprio aspetto fisico e arrivare pronti al periodo estivo, generando un business da oltre 14 miliardi di euro. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima).

Per gli integratori alimentari si spendono 4 miliardi di euro

Tanto vale infatti in Italia il mercato del cibo dietetico, ossia quei prodotti presentati al pubblico come a basso contenuto calorico, con pochi zuccheri o privi di zuccheri aggiunti, e senza grassi. Secondo Sima, solo per gli integratori alimentari la spesa nel nostro paese ha raggiunto 4 miliardi di euro. Al tempo stesso si impenna la vendita dei farmaci per la perdita del peso, che a livello globale e secondo i numeri ufficiali, registrano un aumento del +25% solo nel primo trimestre del 2023.

I rischi della dieta “fai da te”

“Il 75% di coloro che inizieranno una dieta alimentare ricorrerà tuttavia al ‘fai da te’, reperendo informazioni sul web e modificando le proprie abitudini a tavola senza rivolgersi a un professionista del settore – afferma il presidente Sima, Alessandro Miani -. Un rischio sul fronte della salute, considerato che una dieta sbagliata e sbilanciata può avere sul nostro organismo ripercussioni serie, che vanno dal semplice affaticamento e mal di testa ai disturbi del sonno, crampi o perdita di massa muscolare, fino a poter causare problemi renali, nel caso delle diete iper-proteiche sbilanciate, e malnutrizione”.

In Europa 950 mila persone ogni anno perdono la vita a causa di diete sbagliate

“E non è certo un caso se, in base ai numeri ufficiali, solo in Europa 950 mila persone perdono ogni anno la vita a causa di diete alimentari sbagliate e malsane – afferma all’Ansa Alessandro Miani -. Occorre inoltre ricordare gli ingenti costi sociali determinati dall’alimentazione sbagliata, che incide fino al 10% sulla spesa sanitaria pubblica, con un impatto sulle casse statali di circa 13 miliardi di euro annui”. 

Rivoluzione per la PA: per accedere ai servizi basterà la Cie

La Pubblica Amministrazione semplifica l’accesso da parte dei cittadini: per poter accedere ai suoi servizi in sostituzione dello Spid sarà sufficiente la semplice carta d’identità, ma di ultima generazione, quella elettronica (Cie), con il semplice codice Cie. Non è più necessario, quindi, doversi prenotare, ad esempio, sul sito di Poste Italiane, o rivolgersi a un provider privato tra quelli convenzionati, come Aruba, Sielte o Tim, per richiedere e attendere di entrare in possesso dello Spid. Dal 31 marzo è sufficiente avere la semplice carta d’identità aggiornata.

Addio a complicazioni e scarse possibilità d’accesso

Via libera anche ai primi e secondi codici Pin e Puk rilasciati, i primi al momento in cui si fa la carta d’identità, i secondi spediti a casa per posta al destinatario. In pratica, ora basteranno tre credenziali di livello 1 e 2, associate alla propria carta d’identità elettronica, per poter accedere ai servizi della PA.
Prima di questa semplificazione, con la carta d’identità elettronica si poteva accedere ai servizi solo facendo ricorso al livello 3, che però per garantire il massimo della sicurezza richiedeva l’utilizzo di un lettore di smart card per il pc o di uno smartphone dotato di tecnologia Nfc. Molte le complicazioni, dunque, e scarse le possibilità d’accesso.

Attivare una coppia di credenziali, username e password

Le procedure per accedere ai servizi della PA possono avvenire da qualunque dispositivo senza dover più usare il lettore esterno di smart card e la tecnologia Nfc.
“Tutti i cittadini in possesso di Cie possono accedere ai servizi online in pochi passi e da qualsiasi dispositivo, semplicemente attivando una coppia di credenziali, username e password”, spiega il Ministero.
Nel frattempo, con una proroga di due anni, lo Spid non sparirà. La ‘scadenza-spettro’ del 23 aprile, data in cui sarebbe dovuto scadere una volta per tutte è definitivamente allontanata. 

Spid: prorogata al 2024 la piattaforma di identità digitale

A questo scopo, riporta Agi, il governo ha stanziato 40 milioni, inclusi nel decreto Pnrr, per permettere alla piattaforma di identità digitale di proseguire la propria attività anche per il 2024 e ai cittadini di connettersi con l’amministrazione pubblica. Il fine è anche di “garantire la sostenibilità degli adeguamenti tecnologici richiesti ai soggetti gestori di Spid – continua il Ministero -, per la fornitura del servizio di identità digitale con nuove modalità operative imposte dalle misure del Pnrr”.

La difficoltà di reperimento del personale costa quasi 38 miliardi all’anno 

Unioncamere ha stimato i costi per i diversi settori dell’economia derivanti dal minor valore aggiunto prodotto a causa dell’inserimento ritardato delle professioni difficili da reperire. E considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra 2 e 12 mesi, per il 2022 si stima una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro, il 3,1% di quanto generato complessivamente dalle filiere dell’industria e dei servizi. Di fatto, nel 2022 la difficoltà di reperimento del personale ha riguardato il 40% delle assunzioni e tenderà ad aumentare, anche per l’accelerazione della domanda attesa come effetto del PNRR. È quanto emerge dai dati del Sistema informativo Excelsior sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine aggiornate al quinquennio 2023-2027, realizzata da Unioncamere in collaborazione con ANPAL.

Perché il mismatch è destinato ad aumentare

Nei prossimi anni il costo del mismatch rischia di aumentare in considerazione dei macro-trend che stanno già cambiando il mercato del lavoro: transizione digitale/green e andamento demografico. Quest’ultimo comporterà infatti sia un aumento dei flussi pensionistici sia una riduzione del numero di persone in età lavorativa dovuta all’invecchiamento della popolazione, aumentando quindi lo shortage gap per mancanza di lavoratori che possano sostituire quelli in uscita. L’aspetto demografico rappresenterà nei prossimi anni il fattore critico più rilevante, considerando che tra il 2023-2027 l’intero mercato del lavoro italiano avrà bisogno di circa 3,8 milioni di lavoratori, di cui il 72% (2,7 milioni) dovrà sostituire gli occupati in uscita, mentre il 28% sarà determinato dalla crescita dello stock occupazionale di oltre un milione di lavoratori. 

Le stime sull’impatto del PNRR

Per quanto riguarda le previsioni occupazionali a livello regionale emerge l’ampio fabbisogno della Lombardia, che necessiterà nel 2023-2027 di oltre 714mila occupati, seguita da Lazio (379mila), Veneto (346mila) ed Emilia Romagna (quasi 336mila). Quanto alle stime sull’impatto del PNRR quattro filiere appaiono maggiormente trainate: costruzioni e infrastrutture, che dovrebbero assorbire il 21% del flusso di occupati complessivi, turismo e commercio (18%), servizi avanzati (16%), formazione e cultura (13%).  Il PNRR intensificherà anche la richiesta di competenze per affrontare i processi di transizione verde e digitale: tra il 2023-2027 saranno richieste competenze green a circa 2,4 milioni di lavoratori (65% del fabbisogno del quinquennio) e competenze digitali a poco più di 2 milioni di occupati (56%).

Il fabbisogno occupazionale nei prossimi cinque anni

Tra il 2023-2027 si stima che il 34,3% del fabbisogno occupazionale riguarderà personale in possesso di una formazione terziaria (laurea o diploma ITS Academy), e il 48,1% di un diploma tecnico-professionale. Risulterà più marcata la carenza di offerta di laureati nell’indirizzo medico-sanitario (mancheranno 12mila laureati ogni anno), in quello economico-statistico (8mila) e di lavoratori con un titolo terziario nelle discipline STEM (6mila). Considerando gli indirizzi della formazione secondaria di II grado tecnico-professionale, si stima che l’offerta formativa complessiva riuscirebbe a soddisfare solo il 60% della domanda potenziale, con mismatch più critici per gli ambiti di studio relativi a trasporti/logistica, costruzioni, sistema moda e meccanica, meccatronica ed energia, per cui si prevede che tra il 2023-2027 l’offerta potrebbe coprire circa meno di un terzo della domanda potenziale.

Diritto in garanzia: lavatrici e televisori riparabili anche alla scadenza?

Aspirapolvere, lavatrici, televisori, e presto anche tablet e smartphone, si potranno riparare anche oltre i termini della garanzia legale. La Commissione Europea ha infatti presentato una proposta legislativa allo scopo di permettere non solo che un maggior numero di prodotti venga riparato nell’ambito della garanzia legale, ma che i consumatori dispongano di opzioni più semplici ed economiche per riparare prodotti tecnicamente riparabili, anche quando la garanzia legale è scaduta o il bene non funziona più.
La proposta introduce quindi un nuovo ‘diritto alla riparazione’ per i consumatori, sia all’interno sia all’esterno della garanzia legale. Ma la proposta della Commissione dovrà essere negoziata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio.

Incoraggiare i produttori a sviluppare modelli di business più sostenibili

Nell’ambito della garanzia legale i venditori saranno tenuti a offrire la riparazione tranne quando è più costosa della sostituzione. E oltre alla garanzia legale, i consumatori avranno a disposizione una nuova serie di diritti e strumenti per rendere la riparazione un’opzione facile e accessibile. Viene così introdotto il diritto per i consumatori di richiedere la riparazione ai produttori per prodotti tecnicamente riparabili, come appunto una lavatrice o un televisore. La legge garantirà che i consumatori abbiano sempre qualcuno a cui rivolgersi quando scelgono di riparare i loro prodotti, oltre a incoraggiare i produttori a sviluppare modelli di business più sostenibili. I produttori saranno inoltre obbligati a informare i consumatori relativamente ai prodotti che sono obbligati a riparare da soli.

Un modulo europeo di informazione sulla riparazione

Verrà inoltre creata una piattaforma online di riparazione per mettere in contatto i consumatori con riparatori e venditori di beni ricondizionati nella zona di residenza. La piattaforma consentirà ricerche per posizione e standard di qualità, aiutando i consumatori a trovare offerte interessanti e aumentando la visibilità per i riparatori. Viene poi introdotto un modulo europeo di informazione sulla riparazione, che i consumatori potranno richiedere a qualsiasi riparatore, portando così trasparenza sulle condizioni e sul prezzo della riparazione, e rendendo più facile per i consumatori confrontare le offerte dei riparatori.

Uno standard europeo di “riparazione facile” e di qualità

Inoltre, verrà sviluppato uno standard di qualità europeo per i servizi di riparazione per aiutare i consumatori a identificare i riparatori che si impegnano a offrire una qualità superiore.
Lo standard di ‘riparazione facile’ sarà aperto a tutti i riparatori della Ue disposti a impegnarsi a rispettare standard minimi di qualità, ad esempio, in base alla durata o alla disponibilità dei prodotti.
Di fatto, riparare le cose che non funzionano più diventa un diritto, e fa bene all’ambiente e al portafoglio.