Solo 1 lavoratore su 10 ha competenze in IA

La maggioranza dei lavoratori italiani (84%) ritiene che le competenze reali siano più importanti dei titoli di studio o del percorso professionale, ma solo 1 su 10 (13%) afferma di possedere competenze in materia di intelligenza artificiale, considerata una delle competenze digitali più richieste. Questi dati emergono dall’indagine italiana del Digital Skills Index condotta da Salesforce, che si basa sulle risposte di oltre 11.000 lavoratori in 11 paesi, di cui 1.000 dall’Italia.

Divario tra domanda e offerta

Esiste un divario tra le competenze richieste dalle aziende e quelle attualmente possedute dalla forza lavoro. Mentre l’82% dei lavoratori italiani dichiara di utilizzare competenze digitali nel loro lavoro quotidiano, pochi di loro hanno competenze che vanno oltre le tecnologie di collaborazione, l’amministrazione digitale e il project management. Al contrario, le competenze più richieste nel mondo del lavoro includono l’intelligenza artificiale e lo sviluppo di app, ma sono tra le meno utilizzate nei ruoli quotidiani. Tuttavia, i lavoratori italiani sono interessati ad acquisire nuove conoscenze tecnologiche, il che suggerisce che le aziende possono contribuire a colmare il divario fornendo percorsi di formazione continua ai propri dipendenti.

Le competenze più importanti del percorso di studi?

A livello globale, la maggior parte dei partecipanti all’indagine (82%) ritiene che le competenze reali siano l’elemento più importante nella valutazione dei candidati, mentre solo il 18% ritiene che il percorso professionale o di studi sia più importante. Inoltre, la maggior parte dei leader aziendali ritiene che lo sviluppo delle competenze digitali dei dipendenti avrà un impatto positivo sulla produttività (47%), sulle prestazioni del team (43%) e sulle capacità di problem solving (40%).

Il 67% del lavoratori favorevoli all’IA

In Italia, il 67% dei lavoratori si dichiara entusiasta dell’impiego dell’intelligenza artificiale nel proprio lavoro. Questo dato è in linea con l’interesse dei dirigenti aziendali italiani, poiché il 56% di loro afferma che la propria azienda sta valutando modi per utilizzare l’intelligenza artificiale generativa. Le competenze in materia di intelligenza artificiale sono considerate le più importanti per i prossimi anni e si prevede che aumenteranno di importanza nei prossimi cinque anni.

Però solo il 10% la utilizza

Nonostante l’importanza crescente per il futuro del lavoro, solo il 10% dei lavoratori italiani afferma di utilizzare tecnologie di intelligenza artificiale nel proprio ruolo attuale. Solo il 14% coinvolge competenze digitali correlate come la crittografia e la cybersecurity, e solo il 13% utilizza competenze di programmazione e sviluppo di app. Anche nel settore tecnologico, solo il 23% dei lavoratori utilizza competenze di intelligenza artificiale nella propria professione. Al di fuori dell’ICT, questi numeri diminuiscono ulteriormente, con solo il 7% dei dipendenti nel settore dei viaggi e del turismo e l’8% in campo sanitario che possiedono competenze in materia di intelligenza artificiale. È pertanto necessario migliorare le competenze, e quasi tutti i lavoratori (98%) ritengono che le aziende dovrebbero dare priorità alle competenze di intelligenza artificiale nella strategia di sviluppo dei dipendenti. Investire nella tecnologia e nelle competenze adeguate è considerato un passo fondamentale per affrontare le sfide attuali e future delle aziende. 

Videogiochi, segnali di crescita per il Made in Italy 

Le ultime notizie relative al mercato dei dei videogiochi in Italia sono decisamente incoraggianti. Secondo l’associazione IIDEA, nel 2022 i consumi sono stabili, ma la produzione nazionale – e qui arrivano le buone notizie – sta crescendo a vista d’occhio. Nonostante una leggera contrazione del mercato dei videogiochi pari all’1,2%, il segmento software rappresenta ancora l’81,5% del totale, mentre le vendite di software fisico stanno tornando prepotentemente nei negozi. Tuttavia il segmento hardware sta subendo un -7,7% rispetto all’anno precedente a causa delle difficoltà di approvvigionamento di alcune materie prime. 

Il numero dei giocatori italiani è in aumento

Un ulteriore dato positivo per il comparto è che il numero di videogiocatori in Italia sta aumentando. Oggi si attesta sui 14,2 milioni, con un’età media di 29,8 anni. Di questo universo, poco meno della metà (per la precisione il 42%) è composto da donne! E’ interessante scoprire anche quali siano le piattaforme preferite dai gamer tricolori: i dispositivi mobili, seguiti da console e PC. 

Le startup diventano PMI

Ma la vera sorpresa arriva dalla produzione nazionale di videogiochi, che sta crescendo e consolidandosi sempre più da micro realtà a piccola e media impresa. Aumentano, in particolare, le imprese con un numero di addetti tra i 10 e i 20, che passano dal 15% del 2021 al 20% attuale. Il fatturato generato dalle imprese di produzione si aggira nel 2022 tra i 130 e i 150 milioni di euro, segnando un +30% rispetto all’anno precedente e mostrando un forte potenziale di crescita. Il mercato principale di destinazione rimane quello europeo, che esce però ridimensionato (dal 60% nel 2021 al 43%) a beneficio di quello nordamericano, la cui incidenza sul totale passa dal 25% del 2021 al 40% del 2022. Limitato il peso dell’Italia, per quanto in leggero aumento (7%). Per quanto riguarda gli addetti alla produzione, i professionisti aumentano del 50%, passando dai 1.600 del 2021 ai 2.400 del 2022. L’83% ha meno di 36 anni, mentre uno su quattro è donna. Il 77% del fatturato deriva dal mercato B2C (+9%), mentre per il 75% dei developer italiani il PC resta la piattaforma preferita di sviluppo: seguono mobile (50%) e console (40%). 

Capitali sempre più “misti”

La maggioranza degli operatori continua ancora a fare affidamento sul capitale proprio per finanziare l’attività di proprietà (86%), tuttavia aumentano il finanziamento delle istituzioni pubbliche (29% vs 24% 2021) e quello delle imprese private (19% vs 9%). In particolare, inizia a intravedersi l’impatto del sostegno pubblico al settore, come effetto diretto dell’attuazione del tax credit e dell’avvio di programmi di accelerazione verticali, oltre che delle acquisizioni internazionali che hanno recentemente interessato alcuni studi italiani. 

Attacchi informatici, 1 impresa su 7 ha avuto danni tangibili

Gli attacchi informatici non sono una possibilità remota, ma un rischio molto concreto. Specie per le imprese: tanto che una su 7 ha avuto danni tangibili da simili incidenti. Come evidenzia il Clusit, i cyberattack sono in continuo aumento, con 1.141 incidenti gravi rilevati nel solo primo semestre 2022, +8,4% rispetto allo stesso periodo 2021. E le minacce interessano sempre più anche infrastrutture critiche. In questo contesto, il 67% delle imprese rileva un aumento dei tentativi di attacco e il 14% ha subito conseguenze tangibili a seguito di incidenti informatici, come interruzioni del servizio, ritardi nell’operatività dei processi o danni reputazionali. Più in generale, a causa della turbolenza in atto, il 92% delle aziende riscontra impatti, positivi o negativi, direttamente riconducibili al contesto geopolitico, che spaziano da un maggiore interesse alla sicurezza da parte del Top Management fino a una necessità di riorganizzazione delle attività di gestione del rischio cyber.

In Italia cresce l’attenzione verso il pericolo cyber

In Italia sta crescendo l’attenzione per la cybersecurity, che nel 2023 si conferma la principale priorità di investimento nel digitale tra le imprese, sia grandi che pmi. Ben il 61% delle organizzazioni sopra i 250 addetti ha deciso di aumentare il budget per le attività di sicurezza informatica negli ultimi 12 mesi. E complessivamente nel 2022 il mercato italiano della cybersecurity raggiunge il valore di 1,86 miliardi di euro, con un’accelerazione eccezionale del +18% rispetto al 2021. Il rapporto tra spesa in cybersecurity e PIL in Italia si attesta allo 0,10%, in lieve crescita rispetto allo 0,08% dell’anno precedente. Si tratta però di un risultato che colloca il nostro Paese all’ultimo posto tra quelli del G7. La classifica è guidata da Stati Uniti e Regno Unito, con un rapporto dello 0,31%. Per Francia e Germania il rapporto è, rispettivamente, lo 0,19% e lo 0,18%. Lo evidenzia l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection della School of Management del Politecnico di Milano.

Quanto vale il mercato della cybersecurity in Italia

Il mercato della cybersecurity, dopo la crescita del 15% del 2021, conosce un’ulteriore spinta del 18% nel 2022, dettata dalla ripresa degli investimenti delle organizzazioni e da una progressiva presa di coscienza sulle minacce, raggiungendo il valore di 1.855 milioni di euro. Una crescita sostenuta in buona parte dalle medie imprese, che iniziano finalmente a introdurre azioni concrete in materia di cybersicurezza. Per quanto riguarda le diverse componenti di spesa, il 50% è dedicato a servizi, in crescita rispetto allo scorso anno, e l’altra metà a soluzioni di cybersecurity, tra cui Endpoint and Extended Detection and Response, SIEM, Identity & Access Management, Vulnerability Management e Penetration Testing.

Per banche e assicurazioni italiane vendite più digitalizzate

“Le aziende del settore Bancario e Assicurativo oggi raccolgono i frutti di un processo di digitalizzazione avviato ben prima che la crisi pandemica costringesse le aziende a correre ai ripari – afferma Adriano Gerardelli, direttore Financial Services di Minsait -. I risultati raggiunti in termini di Single Customer View, l’elevato grado di integrazione tra canali fisici e online e l’adozione tecnologica avanzata sono ottimi punti di partenza per affrontare le crescenti aspettative dei clienti in termini di personalizzazione, semplicità e flessibilità”. Il 71% delle aziende italiane del settore finanziario ha infatti raggiunto la cosiddetta vista unica sul cliente (Single Customer View), un risultato molto virtuoso, se paragonato alla media delle aziende italiane (18%). Lo conferma il rapporto realizzato dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in collaborazione con Minsait.

I touchpoint utilizzati nella relazione azienda/clienti

Nel settore Banking i principali touchpoint utilizzati nella relazione azienda/clienti sono sito web proprietario (97%), email (94%), contact center (92%), filiali proprietarie e consulenti finanziari (entrambi 92%), mentre nel settore Insurance i principali canali sono email (100%), agenti e filiali proprietarie (98%), consulenti assicurativi (98%), contact center (88%), mobile app proprietarie (88%) e agenti monomandatari (85%). Il settore bancario e assicurativo, inoltre, è il più evoluto dal punto di vista tecnologico, con un’adozione delle singole tecnologie al di sopra della media: l’81% ha un Data Lake, l’80% una Customer Data Platform e l’86% piattaforme di Marketing Automation).

Processi di vendita integrati e omnicanale

Quasi tutte le aziende, poi, possiedono un’infrastruttura in grado di integrare completamente le informazioni sui clienti: il 40% è in grado di farlo in maniera evoluta e il 52% attraverso sistemi integrati. Per quanto riguarda i processi di vendita, i modelli omnicanale più diffusi sono la possibilità di acquistare un servizio offline e ricevere la relativa documentazione online (88%), presenza nel punto fisico di personale dedicato all’assistenza clienti cross-canale (78%), e possibilità di prenotare un servizio online e di usufruirne offline (72%). Per orientarsi verso una maggiore integrazione dei canali, il 42% ha già una funzione aziendale dedicata alla gestione integrata dei diversi touchpoint, e il 26% ha introdotto un responsabile cross-funzionale con un team ad hoc per il coordinamento dei diversi canali.

Più sicurezza e protezione dei dati

Quanto all’attenzione alla sicurezza, il 55% delle aziende del settore è dotata di sistemi basati su un doppio fattore di autenticazione, e sono più propense a sperimentare modalità di autenticazione innovative, come fattori biometrici (9% contro 1% campione complessivo), scansione di QR code (5% vs 1%), generazione di OTP in app (31% vs 4%). Anche per quanto riguarda l’identificazione di possibili vulnerabilità di sicurezza nelle applicazioni e infrastrutture in Cloud, il settore appare molto attento. Infatti, la totalità delle aziende svolge attività di security assessment periodiche. In ambito sicurezza e protezione dei dati, le soluzioni più diffuse tra banche e assicurazioni sono quelle afferenti al backup e recovery (95% vs 82%), soluzioni di data loss prevention (81%), e soluzioni di gestione delle identità e accessi del personale (81% vs 27%).

Smartphone pieghevoli: nel 2023 prevista crescita del +44%

Per il segmento degli smartphone pieghevoli nel 2023 la società di analisi TrendForce prevede una crescita significativa, pari al 44%. Secondo TrendForce quest’anno i consumatori acquisteranno 18,5 milioni di unità rispetto ai 12,8 milioni dello scorso anno. E se nei dodici mesi appena trascorsi è stata Samsung la regina, con oltre l’82% di smartphone pieghevoli serie Z Fold e Z Flip venduti, le concorrenti non staranno a guardare. Xiaomi e Oppo, che a oggi si rivolgono principalmente al mercato cinese, durante il 2023 dovrebbero rendere disponibili i loro modelli a livello globale, aumentando così la propria quota di riferimento.

Investire maggiormente su design e funzionalità

L’aumento delle vendite di questi device darà modo alla catena di produzione focalizzata sui pieghevoli di investire maggiormente sul design e sulle funzionalità dei nuovi dispositivi. Al centro, l’ingegnerizzazione delle cerniere, ossia il meccanismo che permette ai cosiddetti ‘foldable’ di aprirsi e chiudersi senza recare danno alla struttura e agli schermi interni. In tal senso, beneficeranno del trend al rialzo sia fornitori consolidati, come KH Vatech e S-connect, entrambi partner di Samsung, sia marchi meno conosciuti ma impegnati su tecnologie più complesse, tra cui Amphenol e Asia Vital Components. Anche i produttori di display si stanno specializzano nel mondo dei pieghevoli. Csot – China Star Optoelectronics Technology, ad esempio, ha studiato una nuova tecnica che permetterà di integrare la cerniera direttamente nella parte esterna dello schermo touch, riporta Ansa.

Samsung punta sul segmento di fascia bassa

Le questioni in sospeso che devono ancora essere effettivamente risolte nello sviluppo degli smartphone pieghevoli sono l’impossibilità del dispositivo di chiudersi completamente e il notevole spessore della scocca. Tuttavia, TrendForce ritiene che Samsung continuerà a lavorare sulle cerniere a forma di U, perché vuole ridurre i costi mantenendo un buon margine di profitto per i suoi smartphone pieghevoli. Con questo approccio, Samsung può rendere più popolari i modelli pieghevoli e conquistare un’ampia fetta di quota di mercato per questo tipo di prodotti nel segmento di fascia bassa.

Il mercato globale delle cerniere aumenterà del 14,6%

Tra i componenti chiave per uno smartphone pieghevole, le cerniere giocano infatti un ruolo fondamentale nel determinare il costo dell’intero dispositivo. In uno smartphone pieghevole le cerniere sono responsabili della durata o della flessibilità del display, della visibilità della relativa piegatura sul display, della sensazione di capovolgimento del dispositivo e di molte altre funzioni. 
In altre parole, la qualità delle cerniere influenzerà direttamente la disponibilità dei consumatori ad acquistare uno smartphone pieghevole. Con il tasso di penetrazione dei modelli pieghevoli in aumento nel mercato degli smartphone, il valore del mercato globale delle cerniere utilizzate negli smartphone OLED pieghevoli aumenterà del 14,6% su base annua, superando il livello di 500 milioni di dollari USA per il 2023.

Cosa ha cercato l’Italia su Google nel 2022?

Il 2022 volge al termine, e Un Anno di Ricerche su Google mostra la lista delle parole, delle domande e delle curiosità che gli italiani hanno cercato online sul motore di ricerca. Le tendenze di ricerca mostrano chiaramente la necessità di capire cosa succede intorno a noi, le motivazioni di un conflitto e delle personalità che lo hanno scatenato, ma c’è anche l’interesse ricorrente verso momenti di maggiore ironia e leggerezza, cercati nello sport, dal calcio al tennis, e nei suoi protagonisti. Ma anche nella musica, che combacia con un momento importante per gli italiani come il Festival di Sanremo. 
Dai Google trends 2022 emerge anche l’interesse per le personalità che, venendo a mancare, hanno lasciato un segno seppur in forme diverse, da una parte la Regina Elisabetta e dall’altra Piero Angela.

Le Parole dell’anno: da Ucraina a Blanco

Dalle domande che gli italiani si sono fatti in questo 2022, si nota l’esigenza di trovare spiegazioni a problemi pratici della vita di tutti i giorni, come le diverse agevolazioni dello Stato o la compilazione dell’Assegno Unico, ma anche domande che riportano al dramma della pandemia, legate al tampone o al green pass. I nostri ‘Perché?’ portano con sé però anche l’interesse a rispondere a domande più profonde, come la guerra o l’aumento del costo della benzina. Temi che hanno davvero caratterizzato questi mesi.
Di fatto, le 10 Parole dell’anno più googlate sono state Ucraina, al primo posto, seguita da Regina Elisabetta, Russia Ucraina, Australian Open, Elezioni 2022, Putin, Piero Angela, Drusilla, Italia Macedonia, e Blanco.

Il personaggio più cercato? Putin. L’addio più googlato quello alla Regina Elisabetta 

Quanto ai Personaggi più cercati, al primo posto si posiziona Putin, seguito da Drusilla, Blanco, Sinner, Vlahovic, Djokovic, Berrettini, Dybala, Marco Bellavia, e ultima, Ornella Muti.
E gli Addii? In prima posizione, quello alla Regina Elisabetta, seguita da quello a Piero Angela, e poi a Mino Raiola, David Sassoli, Monica Vitti, Manuel Vallicella, Catherine Spaak, Anne Heche, Olivia Newton John e Ray Liotta.

I grandi e piccoli perché: dall’invasione russa a Dybala che lascia la Juve

Quali sono i Perché posti dagli italiani durante il 2022? La prima domanda è perché la Russia vuole invadere l’Ucraina? Seguita da perché Pioli is on fire? E al terzo posto, perché aumenta la benzina?
La classifica continua con perché Draghi si è dimesso, al quinto posto perché il diesel costa più della benzina, e ancora, perché Totti e Ilary si separano, perché mezza dose moderna, Elettra e Ginevra hanno litigato, Lilli Gruber non è a Otto e Mezzo, e in decima posizione, perché Dybala lascia la 

Juve?

Cybercriminali, come agiranno nel 2023?

I cybercriminali sono sempre più aggressivi e soprattutto capaci di scardinare le misure di protezione. L’esperienza degli ultimi anni, con attacchi via via più sofisticati, hanno dimostrato di cosa siano capaci le organizzazioni di hacker. E il futuro, purtroppo, non è certo roseo. A tracciare l’identikit di quello che potrà accadere nei mesi a venire è Acronis, leader nella cyberprotection, che ha individuato le principali tendenze che influenzeranno lo scenario della cybersecurity nel 2023. Si tratta di dati utili poichè il mondo di oggi è più che mai dipendente dal digitale. Gli ambienti IT stanno diventando sempre più complessi e piccoli difetti di resilienza possono avere un impatto notevole sulla capacità di un’organizzazione di continuare a operare nonostante incidenti o violazioni della sicurezza. Ecco le principali minacce.

Il primo pericolo rimane la debolezza dell’autenticazione

Sembra strano doverlo ripetere, ma anche nel 2023 la scarsa sicurezza è da attribuire a una password debole. L’autenticazione e la gestione dell’accesso all’identità saranno infatti oggetto di attacchi più frequenti. Molti aggressori hanno già iniziato a rubare o a bypassare i token di autenticazione a più fattori. In altre situazioni, sovraccaricare gli obiettivi di richieste – ad esempio negli attacchi all’autenticazione a più fattori – può portare ad accessi riusciti senza la necessità di una reale vulnerabilità. I recenti attacchi contro Okta e Twilio hanno dimostrato che anche questi servizi esterni vengono violati. Tutto ciò, naturalmente, si aggiunge ai problemi di password deboli e riutilizzate, situazioni ancora ricorrenti negli ultimi anni. Per questo è ancora più importante capire come funziona l’autenticazione e come i dati sono accessibili e a chi.

La portata del ransomware è ancora forte

La minaccia del ransomware è ancora forte e in continua evoluzione. Se da un lato si assiste a uno spostamento verso una maggiore esfiltrazione dei dati, gli attori principali continuano a rendere sempre più professionali le loro operazioni. La maggior parte dei grandi cybercriminali si è estesa anche a MacOS e Linux e sta guardando anche all’ambiente cloud. Nuovi linguaggi di programmazione come Go e Rust stanno diventando sempre più comuni e richiedono un adeguamento degli strumenti di analisi. Il numero di attacchi continuerà a crescere perché sono ancora redditizi, soprattutto quando l’assicurazione informatica copre parte dell’impatto. Gli aggressori si concentreranno sempre più sulla disinstallazione degli strumenti di sicurezza, sull’eliminazione dei backup e sulla disattivazione dei piani di ripristino di emergenza, ove possibile. Le tecniche di Living off the Land svolgeranno un ruolo importante in questo senso. Si tratta di un attacco informatico in cui gli intrusi utilizzano software e funzioni legittimi disponibili nel sistema per eseguire azioni dannose su di esso.

Violazioni dei dati agevolate dal numero dei soggetti che vi accedono

I malware che rubano le informazioni, come Racoon e Redline, stanno diventando la norma per le cyber infezioni. I dati rubati spesso includono le credenziali, che vengono poi vendute per ulteriori attacchi tramite i broker di accesso. Il numero crescente di dati, unito alla complessità dei servizi cloud interconnessi, renderà più difficile per le organizzazioni tenere traccia delle proprie informazioni. L’obbligo di accesso ai dati da parte di più soggetti rende più difficile mantenerli crittografati e protetti. Una chiave di accesso API trapelata, ad esempio su GitHub o sull’app mobile, può essere sufficiente per rubare tutti i dati. Questo porterà a progressi nell’informatica rispettosa della privacy.

Podcast: prediletti dal 36% dei GenZ 

L’ultimo Trend Radar di Samsung monitora il mercato locale dei podcast per scoprire quali sono le abitudini degli italiani in fatto di contenuti audio. Se il 79% degli italiani ascolta la radio quasi tutti i giorni, i giovani amano i podcast, addirittura prediletti dal 36% degli appartenenti alla GenZ. Per ascoltare i podcast lo smartphone è lo strumento preferito (63% vs ascolti da PC 36%), così come per gli audiolibri (66% smartphone e 30% PC). Musica e playlist, dopo lo smartphone, confermano invece un ascolto maggiore su PC, TV o soundbar. Il PC, in particolare, viene utilizzato dal 35% degli uomini e dal 28% delle donne, mentre la TV principalmente dagli uomini (30% vs donne 22%), come la soundbar (18% vs 12%).

I luoghi e le occasioni di ascolto

Per quanto riguarda luoghi e occasioni di ascolto, la casa è il luogo maggiormente apprezzato per ascoltare i contenuti preferiti. Tra le mura domestiche, il 78% ascolta musica e playlist, il 73% audiolibri e il 68% podcast.
“Quando si ascolta un podcast si è molto più attenti rispetto a quando si guarda uno show in TV – spiega Francesco Cordani, Head of MarCom Samsung Electronics Italia -. Intanto perché la maggior parte delle persone li ascolta da casa, moltissimi su smartphone, quindi è un’esperienza molto personale – continua Cordani -. Tuttavia, sta crescendo l’uso di altri dispositivi per la fruizione di podcast, come gli smart speaker o le TV”.

La radio on demand 

I podcast sono una valida modalità per approfondire diversi temi per l’89% degli italiani, e la principale fonte di informazione su notizie di attualità (26%), soprattutto dalla fascia 55-64 anni (34%) e dagli under 24 (33%). L’ascolto della radio aumenta invece all’aumentare dell’età: i principali fruitori di contenuti radiofonici hanno un’età compresa tra 45-54 anni (oltre l’89%).
“La tecnologia ha aiutato e stimolato la fruizione della radio da parte delle nuove generazioni: la creazione di app è adatta a loro perché sono nativi digitali – aggiunge Cordani -. In passato molti accendevano la radio e la lasciavano in background, mentre oggi c’è più interesse in particolare alle trasmissioni, siamo noi a creare il nostro palinsesto, grazie all’on demand”.

Generazione Wi-Fi

Il 3 ottobre ha debuttato la terza serie di podcast prodotta da Samsung, Generazione Wi-Fi . che ha l’obiettivo di esplorare il punto di vista della GenZ su argomenti come musica, fashion, innovazione e intrattenimento. Cinque episodi condotti dallo speaker radiofonico Jody Cecchetto con una tematica diversa ogni settimana, riferisce Adnkronos. Questo terzo esperimento si rivolge ai Millennials e alla GenZ affrontando argomenti come fashion, k-pop e tecnologia, e nel futuro di Samsung ci saranno altri contenuti italiani.
“Il nostro obiettivo è partire da un concetto strategico di mercato e calarlo in una realtà che dia effetti visibili in Italia – puntualizza Cordani -. Così riusciamo a essere più rilevanti nel mercato locale: raccontando le microstorie che rendono il prodotto utile nella realtà”.

Estensioni del browser dannose: 1,3 milioni di utenti colpiti nella prima metà del 2022 

Nella prima metà del 2022 più di 1,3 milioni di utenti sono stati colpiti almeno una volta da minacce nascoste nelle estensioni del browser, +70% rispetto a tutto il 2021.
È quanto hanno rilevato i ricercatori di Kaspersky analizzando i rischi che le estensioni del browser dall’aspetto ‘innocente’ comportano per gli utenti, nonché le attività dei criminali informatici che nascondono le minacce nei componenti aggiuntivi. Imitando app popolari o estensioni con funzionalità utili, come PDF Converter o Video Downloader, le minacce nelle estensioni del browser possono inserire pubblicità, raccogliere dati sulla cronologia di navigazione e persino cercare le credenziali di accesso.

Gli adware sono i più diffusi

Le minacce più diffuse sono stati gli adware, ovvero software indesiderati progettati per diffondere annunci pubblicitari che vengono visualizzati sullo schermo. Questi annunci si basano solitamente sulla cronologia di navigazione e hanno l’obiettivo di catturare l’interesse degli utenti, incorporare banner nelle pagine web o reindirizzare gli utenti a pagine affiliate da cui gli sviluppatori possono guadagnare. Nel periodo compreso tra gennaio 2020 e giugno 2022 sono stati colpiti da questa minaccia più di 4,3 milioni di utenti unici, circa il 70%. Ma i componenti aggiuntivi dannosi e indesiderati vengono distribuiti anche attraverso i marketplace ufficiali.

Nel 2020 Google ha rimosso 106 estensioni dannose dal Chrome Web Store

Nel 2020, Google ha rimosso infatti 106 estensioni del browser dannose dal Chrome Web Store usate per sottrarre dati sensibili, come cookie e password, e per fare screenshot. Complessivamente, queste estensioni dannose sono state scaricate 32 milioni di volte. Tuttavia, questo non accade spesso, infatti il sistema principale di distribuzione dei componenti aggiuntivi dannosi avviene attraverso risorse di terze parti. Una delle famiglie di minacce analizzate da Kaspersky, denominata FB Stealer, è stata diffusa esclusivamente attraverso siti non affidabili. FB Stealer è una delle famiglie di minacce più pericolose, perché oltre alla tradizionale sostituzione del motore di ricerca e al re-indirizzamento delle pagine affiliate, è in grado di sottrarre le credenziali degli utenti da Facebook.

Il pericoloso Trojan NullMixeril

Quando gli utenti hanno cercato di scaricare un programma di installazione di software craccato da risorse di terze parti, come SolarWinds Broadband Engineers Keymaker, hanno ricevuto un pericoloso Trojan NullMixeril che autoinstallava FB Stealer sul dispositivo, ingannando l’utente imitando l’estensione di Chrome ‘Google Translate’. Il Trojan NullMixer si diffonde attraverso diversi programmi di installazione violati, come ad esempio il keymaker per ingegneri broadband di SolarWinds.
Una volta lanciato FB Stealer, il Trojan NullMixer può estrarre i cookie di sessione di Facebook (informazioni segrete memorizzate nel browser che contengono i dati di identificazione e consentono agli utenti di rimanere connessi), per poi inviarli ai server degli attaccanti. Utilizzando questi cookie, i cybercriminali potevano accedere rapidamente all’account Facebook dell’utente e chiedere denaro agli amici della vittima prima che fosse in grado di recuperare il proprio account.

Eventi globali di shopping online: una grande opportunità per i brand

Classificare i festival e gli eventi di shopping online globali come ‘occasioni sporadiche per generare entrate aggiuntive’ è un errore. Questi eventi potrebbero essere il prossimo settore destinato a evolversi insieme all’e-commerce, poiché generano grandi entrate per i brand. La partecipazione a questi eventi può essere infatti molto vantaggiosa per chi è alla ricerca di opportunità internazionali. Questo perché i brand possono facilmente affermare la loro presenza online su piattaforme globali, e con i dati giusti, testare e monitorare la performance dei prodotti su ogni piattaforma e mercato. In modo da decidere dove allocare le risorse e investire in pubblicità e promozioni per migliorare il ROI complessivo.

Dal Prime Day al Black Friday al Cyber Monday

Durante le 48 ore del Prime Day di Amazon dello scorso anno le vendite totali online negli Stati Uniti hanno superato 11 miliardi di dollari. E i retailer hanno totalizzato vendite superiori a 1 miliardo di dollari all’anno, per un aumento del 29% nelle vendite online rispetto a un giorno medio di giugno.
Sebbene l’Amazon Prime Day sia attualmente disponibile solo in alcuni mercati, il suo impatto aumenterà con l’aggiunta di nuove categorie, brand e paesi, grazie al crescente interesse dei consumatori. Quanto al Black Friday, oggi è l’esperienza di shopping più attesa al mondo. Secondo NielsenIQ Foxintelligence, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito hanno registrato un picco di vendite online durante il Black Friday del 2021. Un trend intensificato nel successivo Cyber Monday, soprattutto negli acquisti di elettrodomestici e cellulari.  

L‘Asia dei Double Days 

Il Double 11 (o Singles Day, che si svolge l’11/11) e altri Double Days (1/1, 2/2…) sono gli eventi online più significativi in Asia. I giganti cinesi dell’e-commerce Alibaba e JD.com hanno generato vendite per 139 miliardi di dollari durante il Double 11 nel 2021. Sebbene il loro impatto rimanga visibile soprattutto in Asia, i Double Days stanno iniziando a guadagnare spazio in Medio Oriente, in particolare in Turchia. L’Asia ospita mercati globali pionieristici dell’e-commerce come la Cina e la Corea del Sud e genera il 50% delle vendite online globali. Per questo motivo, i brand che cercano opportunità in Asia dovrebbero prestare molta attenzione a questi eventi di shopping online.

Sviluppare una strategia e-commerce di successo

L’online è sicuramente l’ambiente perfetto per trovare prezzi più bassi. I manufacturer devono tenere d’occhio le nuove opportunità derivanti dagli eventi globali di e-commerce, che possono trasformarsi in una nuova fonte di reddito e crescita. I brand devono affrontare questi eventi in modo strategico, identificando i prodotti e le categorie più richiesti, realizzando campagne pubblicitarie e promozioni efficaci e ottimizzando i canali di distribuzione allineati con i consumatori, i mercati, le piattaforme e i tempi giusti. Metriche chiave come le vendite giornaliere, il monitoraggio dei prezzi e delle promozioni, il posizionamento dei prodotti sugli scaffali digitali consentono un approccio olistico alla performance di vendita online e garantiscono il successo della strategia di e-commerce.