Italia, dopo Germania e Svezia è leader nell’edilizia in legno

L’Italia ha confermato la sua posizione di terzo produttore di soluzioni abitative in legno nel 2022, con un aumento dell’1% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 3602 unità abitative.
Questo piazzamento vede il nostro Paese collocarsi subito dietro la Germania e la Svezia, ma prima dell’Austria. Il settore ha registrato un notevole incremento del fatturato, raggiungendo i 2,3 miliardi di euro, con un deciso aumento del 15,8% rispetto al 2021.

Dinamicità della produzione residenziale in legno

Il settore ha visto una accelerata nella crescita soprattutto grazie alla produzione residenziale in legno, che ha contribuito con 866 milioni di euro al fatturato complessivo e ha registrato un aumento del 12,7% rispetto al 2021.
Tale dato rappresenta un quinto della produzione tedesca (4,4 miliardi di euro) e il 7,2% di quella complessiva dei 27 Paesi dell’Unione Europea, che ammonta a 12 miliardi di euro. A evidenziarlo sono i dati dell’8° ‘Rapporto Edilizia in legno’, realizzato dal centro studi di FederlegnoArredo.

Produzione non residenziale ed edilizia tradizionale in legno

Oltre all’edilizia residenziale, il rapporto evidenzia la produzione non residenziale in legno, che ha raggiunto i 633 milioni di euro con un incremento del 12,2% rispetto al 2021. L’edilizia tradizionale in legno ha contribuito con 767 milioni di euro, con un notevole aumento del 22,9% rispetto all’anno precedente.

La geografia delle imprese di Bioedilizie in Italia

Il rapporto sottolinea la distribuzione geografica delle imprese bioedilizie, evidenziando una concentrazione significativa in Lombardia, con 73 aziende attive, seguita da Trentino-Alto Adige e Veneto, che rappresentano il 50% del totale.
Il Trentino-Alto Adige si distingue come la regione con le imprese più grandi e altamente specializzate, contribuendo al 19% della produzione complessiva, seguita dalla Lombardia al 16%.

Concentrazione nel settore 

Analizzando le dimensioni delle aziende, il rapporto rivela che le prime 10 imprese rappresentano quasi il 31% del mercato, mentre il 68% ha un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. Solo il 7% delle aziende ha un giro d’affari superiore ai 50 milioni di euro, ma contribuisce al 46% del mercato, evidenziando una concentrazione significativa nel settore.

Bioedilizia come alternativa sostenibile

Il rapporto conferma il progressivo guadagno di quote di mercato da parte della bioedilizia, indicando il suo potenziale come alternativa concreta all’edilizia tradizionale. Tuttavia, il report mette in luce la necessità di un’operazione di sensibilizzazione e promozione del settore per renderlo appetibile sia per i cittadini privati sia per le amministrazioni pubbliche, promuovendo la consapevolezza del valore delle strutture in legno in termini di sostenibilità e stoccaggio di CO2. 

Lavoro e maternità, perchè in Italia sembrano inconciliabili?

In Italia il rapporto fra donne e lavoro continua a rimanere complicato. Ancora di più quando ci sono dei bambini. Lo rivela l’ultima indagine condotta dall’Ispettorato del Lavoro (INL) in collaborazione con l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP). L’analisi ha infatti messo in luce un preoccupante aumento delle dimissioni volontarie tra le donne madri in Italia.
Secondo il rapporto, un impressionante numero di 44.699 madri ha scelto di lasciare il proprio impiego, un dato notevolmente più elevato rispetto ai 16.692 padri che hanno preso la medesima decisione.

Boom di dimissioni nei primi tre anni di vita dei figli

La tendenza si fa ancora più evidente quando si analizzano le dimissioni nei primi tre anni di vita dei figli. Il documento mette in luce una crescente difficoltà per le donne nel conciliare le responsabilità professionali con quelle familiari. Tra le categorie professionali più colpite spiccano gli impiegati (30.299) e gli operai (26.471), con il 65,8% delle dimissioni che coinvolgono lavoratori a tempo pieno.

Le ragioni alla base di queste decisioni sono molteplici: il 37,5% delle dimissioni è imputabile al cambio di azienda, mentre il 32,2% è dovuto alle sfide legate alla conciliazione tra lavoro e cura dei figli. Tra queste, la difficoltà nel trovare un equilibrio tra esigenze professionali e familiari emerge come la causa principale, rappresentando il 49,8% delle motivazioni totali.

Anche nelle dimissioni esiste un divario di genere

Il rapporto sottolinea altresì un evidente divario di genere nelle motivazioni delle dimissioni. Le donne madri tendono a lasciare il lavoro principalmente a causa delle difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia, spesso aggravate dalla mancanza di servizi adeguati e problematiche organizzative sul luogo di lavoro. Al contrario, per i padri, le ragioni principali sono più strettamente legate a questioni professionali. Insomma, il “problema” famiglia pare essere tutto sulle spalle delle donne.

Servono politiche di supporto

Questi dati mettono in luce l’urgente necessità di affrontare la questione della conciliazione tra vita professionale e familiare, specialmente per le donne madri. Ciò sottolinea l’importanza di politiche di supporto più efficaci e di un rinnovato impegno nel promuovere un ambiente lavorativo equilibrato e inclusivo, per tutti e… tutte.

Turismo: “c’è fame d’Italia all’estero”, e un 1/3 di spesa in vacanza è per il cibo

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti: più di un terzo della spesa di italiani e stranieri in vacanza in Italia è destinato alla tavola, ovvero, alla consumazione di pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche al cibo di strada o alle specialità enogastronomiche di mercati, feste e sagre di Paese.

L’analisi, divulgata in occasione del Forum internazionale del turismo di Baveno, sul Lago Maggiore, fa da commento delle dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla “tantissima fame di Italia all’estero”. Il cibo infatti è la voce più importante del budget destinato alle vacanze estive in Italia, tanto che per molti turisti è diventato la principale motivazione del viaggio.
Lo dimostrano il boom del turismo enogastronomico, insieme alle numerose iniziative di valorizzazione dei prodotti tipici e locali, dalle sagre alle strade del vino.

Il patrimonio enogastronomico nazionale al centro della vacanza Made in Italy 

Si tratta di uno scenario che, sottolinea la Coldiretti, dimostra per ‘la vacanza Made in Italy’ la centralità del patrimonio enogastronomico nazionale.

Un patrimonio diffuso su tutto il territorio, e dalla cui valorizzazione dipendono molte opportunità di sviluppo economico e occupazionale per il nostro Paese.
L’alimentazione si conferma quindi come il vero valore aggiunto della vacanza in Italia, ‘leader mondiale’ del turismo enogastronomico.

L’agricoltura tricolore è la più green d’Europa

Del resto, l’Italia può contare sull’agricoltura più green d’Europa, con 5450 specialità censite dalle Regioni e ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, 325 specialità Dop, Igp, Stg riconosciute a livello comunitario, e 415 vini Doc e Docg.

Ma l’Italia può anche vantare la leadership nel ‘biologico’, con circa 86 mila aziende agricole biologiche e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (ogm), oltre ai 10 mila agricoltori che vendono direttamente con Campagna Amica.

“I tesori enogastronomici sono opere d’arte conservate da generazioni”

“L’Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare che peraltro ha contribuito a mantenere nel tempo un territorio con paesaggi di una bellezza unica – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando che -: i tesori enogastronomici sono vere e proprie opere d’arte conservate gelosamente da generazioni di agricoltori che vanno difese dal rischio della falsificazione, dall’omologazione e dai tentativi di rompere il legame naturale tra il cibo che consumiamo e l’ambiente che ci circonda”.

Casa: lo stop al Superbonus non frena la sfida green

Sebbene in Italia circa una casa su 10, solo il 12%, possa essere considerata veramente efficiente, e complessivamente, solo un terzo delle famiglie, il 34%, abbia fatto almeno qualcosa in direzione della transizione energetica, la buona notizia è che il trend rilevato a metà 2023 è stato comunque in crescita rispetto al periodo analogo del 2022.

Infatti, appena un anno fa, le case veramente efficienti erano il 10%, e quelle almeno parzialmente efficienti, erano il 28%. 
Questo, considerando che lo stop al Superbonus è avvenuto a febbraio. Quindi, la sospensione delle agevolazioni non aveva ancora completamente impattato ‘sulla’ sostenibilità delle abitazioni.
A rilevarlo è la settima edizione dell’Osservatorio Smart Home-Green Home di Eumetra, condotto su 2.000 famiglie italiane. 

Un trend destinato a spegnersi?

Sicuramente lo stop al Superbonus sta avendo e avrà un impatto sul processo verso l’efficientamento energetico, tuttavia, la transizione green continuerà.
Più in particolare, una conseguenza maggiore sull’avvio di opere impegnative, come l’isolamento termico perimetrale (il cosiddetto ‘cappotto’), che richiedono investimenti iniziali consistenti, burocrazia complessa, nonché il disagio derivante dal cantiere, la avrà lo stop alla cessione del credito.

Il 27% di chi non è propenso a investire in queste opere dichiara infatti che lo stop della cessione del credito sta impattando sulla loro decisione. Rapportati alla popolazione, i non propensi a investire in questo tipo di opere, rappresentano comunque il 14% delle famiglie.

Impianto fotovoltaico: sì o no?

Ma su altre opere o dotazioni, forse, l’impatto potrebbe essere minore. Ad esempio, se il costo della componente energia continuerà ad aumentare la propensione a dotarsi di impianto fotovoltaico, che sarebbe ammortizzato in tempi più brevi, potrebbe rimanere allettante.

Dichiarano che lo stop alla cessione del credito influirà sulla loro decisione di investire in tal senso il 22% dei non propensi all’acquisto futuro. Che al netto dei già possessori, dei propensi almeno genericamente e degli incerti, rappresentano il 5% della popolazione.
Altri fattori, come cambiamento climatico e temperature alte per lunghi periodi, inducono le famiglie a dotarsi di apparecchiature come un climatizzatore. Primo acquisto o sostituzione, si tratta comunque di tecnologie nuove, che consumano meno energia e garantiscono maggior benessere.

Un percorso culturale ormai avviato

In questo caso, lo stop alla cessione del credito fermerebbe il 15% dei non propensi all’acquisto futuro. Al netto degli acquirenti recenti, dei propensi e degli incerti, rappresentano il 6,5% della popolazione.

In ogni caso, un altro driver potente è il fattore ‘moda’, che induce a dotarsi di elettrodomestici innovativi, come ad esempio il piano da induzione per la cottura dei cibi, in sostituzione del classico fornello a gas.
Restano infatti a disposizione altri incentivi fiscali, come le detrazioni fiscali, ma soprattutto sembra ormai avviato un percorso ‘culturale’ verso l’efficientamento energetico unito alla ricerca di maggiore comfort.

Rischi percepiti: cambiamento climatico in testa a livello mondiale

Dal 2018 il rischio climatico si conferma in cima alle classifiche dei rischi emergenti in tutti i Paesi del mondo, e anche in Italia continua a essere la minaccia maggiormente percepita.
Un’unica eccezione nel 2020, quando il rischio maggiormente percepito era legato alle pandemie. Il Gruppo AXA ha pubblicato la decima edizione del ‘Future Risks Report’, il documento sui rischi emergenti a livello globale.

La ‘classifica’ è stata realizzata in collaborazione con IPSOS attraverso un sondaggio che ha coinvolto 3.500 esperti e 20.000 cittadini, con l’obiettivo di comprendere e valutare la percezione della minaccia e dell’impatto dei rischi emergenti sulla società.

Rischi cyber e AI entrano nella Top 3

Nel 2023 i rischi cyber entrano nella Top 3 della popolazione generale, mentre per gli esperti erano sul podio già da 6 anni. Ma gli esperti quest’anno evidenziano anche il rischio di una guerra ‘cyber’, collegandola al rischio di un’instabilità geopolitica, che occupa la terza posizione della classifica.

Tra le novità, a livello globale, anche la preoccupazione sui rischi legati allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale e dei Big Data, che registrano il maggior aumento nella classifica degli esperti, passando dal 14° posto nel 2022 al 4° posto nel 2023.
Si tratta di un tema su cui emerge ancora la scarsa consapevolezza dell’Europa, e in particolare dell’Italia, dove nella Top 3 dei rischi maggiormente percepiti dalla popolazione viene posto l’inquinamento, mentre persiste, al 3° posto, il timore per nuove pandemie e malattie infettive.

“Un persistente senso di vulnerabilità”

“Alla base – commenta Giacomo Gigantiello, ceo del Gruppo assicurativo AXA Italia – c’è un persistente senso di vulnerabilità avvertito delle persone”.
Il senso di vulnerabilità resta infatti elevato in tutto il mondo: a livello nazionale l’84% degli esperti (erano il 76% nel 2020) si sente più vulnerabile rispetto a cinque anni fa e a livello locale lo è il 73%. Era il 64% nel 2020.

Una tendenza evidente anche nella popolazione generale, con un aumento di chi si sente vulnerabile del 7% in tre anni, sia a livello nazionale sia locale.
A livello europeo, i cittadini italiani sono tra coloro che avvertono un maggiore senso di vulnerabilità.

Il ruolo delle assicurazioni

Tuttavia, in controtendenza rispetto al 2022, cresce a livello globale la fiducia nei confronti dei diversi attori coinvolti nel limitare le conseguenze di nuove crisi globali, con un chiaro ruolo assegnato agli assicuratori.

In Italia, il 30% dei cittadini sostiene che le istituzioni sono preparate a gestire i rischi legati al cambiamento climatico (vs 27% del 2022), e rispetto al 2022 cresce anche la convinzione che il settore privato possa dare un contributo importante a questo tema (31% vs 26% 2022).
Il 92% degli esperti e il 65% dei cittadini italiani (primi in Europa insieme agli spagnoli) ritiene, poi, che le assicurazioni avranno un ruolo importante nel limitare l’impatto dei rischi futuri sulla società.

Sanità: tra costi e tempi di attesa gli italiani rinunciano a curarsi

Nell’ultimo anno quasi 14 milioni di italiani, uno su 3, hanno rinunciato a sottoporsi a una o più visite o cure mediche. Al Sud e nelle Isole la percentuale arriva addirittura al 37,5%.
Le ragioni? Fra chi ha scelto di non curarsi, il 64% lo ha fatto a causa dei tempi di attesa troppo lunghi e il 60% per via dei costi elevati (circa 8,3 milioni).
Secondo l’indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat, tra coloro che hanno rinunciato a esami, visite e operazioni, la frequenza maggiore è stata riscontrata per oculistica (36%), dermatologia (35,6%) e odontoiatria (35,5%).
Ma non manca chi ha scelto di non curarsi anche in aree mediche come ginecologia (25%) o cardiologia (26%).

Il problema delle liste d’attesa

Numeri così alti non sorprendono: chi nell’ultimo anno si è curato solo attraverso il SSN ha affrontato, in media, liste di attesa di circa 77 giorni, valore influenzato certamente anche dalla scarsità di personale medico nelle strutture pubbliche.
Liste d’attesa che tendono ad allungarsi fino a quasi raddoppiare, a seconda dell’area geografica e della specializzazione richiesta.
Proprio a causa dei tempi così dilatati 14 milioni di italiani hanno dichiarato di essersi rivolti a una struttura privata.
Chi ha fatto questa scelta si è dovuto confrontare, in media, con liste di attesa di circa 15 giorni, non di 77.

Quanto costa rivolgersi alle strutture private?

Chi si è curato in una struttura a pagamento ha speso, in media, 335 euro per ogni approfondimento specialistico (nel Centro Italia si sfiorano 400 euro).
Gli importi medi pagati dai pazienti sono stati sensibilmente diversi anche a seconda dell’area specialistica, e vanno da 117 euro per gli esami del sangue a 144 euro per la ginecologia, da 210 per la dermatologia a 610 per la chirurgia generale fino a 716 euro per l’odontoiatria.
Per far fronte a questi costi il 77% degli intervistati ha utilizzato i propri risparmi.
Solo il 20% ha potuto usufruire di un’assicurazione sanitaria, mentre il 15% ha dovuto chiedere un sostegno economico ai familiari, e il 5% si è rivolto a una banca o una società finanziaria.

Cambiare regione per curarsi

Sempre nell’ultimo anno, poi, oltre 2,4 milioni di persone hanno dovuto cambiare regione per sottoporsi a esami, visite o interventi.
Sebbene il fenomeno sia stato rilevato in tutto il Paese, sono le aree del Centro Italia quelle dove la percentuale di chi ha cambiato regione per curarsi è più alta (11,5% rispetto al 7,4% rilevato a livello nazionale).
Le regioni verso cui ci si è spostati con più frequenza? Sono Lazio (27%), Lombardia (19%), Emilia-Romagna (15%) e Veneto (11%).

Innovazione: se finanziaria è “unlimited”. I trend del 2024

I cambiamenti generati dall’innovazione tecnologica, la digitalizzazione e la transizione eco-sostenibile riguardano modelli di business, processi e prodotti, nonché l’emergere di nuovi attori del mercato.
Cambiamenti che hanno un impatto su tutti i settori dell’economia, incluso quello finanziario.

E l’innovazione finanziaria è stata al centro del 13° evento annuale Tomorrow Speaks di CRIF, dal titolo ‘Unlimited Innovation with CRIFMetadata’. Durante l’evento, CRIF ha delineato i trend che potranno guidare l’evoluzione dell’industria finanziaria nei prossimi anni. E che caratterizzano un nuovo concetto di innovazione, ovvero un’innovazione ‘unlimited’, senza confini e costante nel day by day.

Criteri ESG e investimenti

I criteri Environmental, Social e Governance sono già entrati nelle aree del risparmio gestito, politiche del credito, e strategie di sviluppo commerciale. La tendenza degli investitori a considerare non solo i rendimenti finanziari, ma anche l’impatto sociale/ambientale delle decisioni di investimento potrà influenzare l’offerta dei prodotti finanziari che incorporano i criteri ESG.

La centralità di una transizione sostenibile non deriverà solamente da una spinta interna del mercato, ma anche dai governi e dalle agenzie/enti di regolamentazione.
Le aziende saranno quindi incoraggiate a perseguire maggiore trasparenza. Ma attenzione al Greenwashing: occorre evitare che la bandiera ESG venga utilizzata in modo improprio e deleterio.

Cyber risk, climate change e longevità

Affrontare il tema del Climate Change diventa sempre più rilevante, valutando puntualmente i rischi delle imprese e individuando per tempo azioni di ‘remediation’ per evitare danni e costi per la società.
Ugualmente rilevante è il cyber risk: le minacce cyber rappresentano un rischio sempre più concreto per consumatori, imprese e player finanziari. In Italia nel 2022 gli attacchi informatici sono cresciuti del 169% (media globale 21%).
Ma aziende e investitori dovranno obbligatoriamente trovare anche nuove soluzioni ai rischi legati alla sostenibilità dei programmi di previdenza sociale, gestione del risparmio e investimenti a lungo termine.

Si tratta di cambiamenti profondi nei modelli di business e nell’offerta al cliente che dovrà far fronte alla crescita della vita media, la pluralità di esigenze e target specifici.

Il Wealth Management e le sinergie del Fintech

La trasformazione del Wealth Management sta ridefinendo le sue fondamenta, spostandosi da un modello prevalentemente finanziario a uno sempre più orientato al credito. Oltre a essere una strategia benefica per le banche, che potranno snellire ulteriormente i bilanci, l’entrata in scena di nuovi operatori porterà innovazione nell’analisi dei dati, degli strumenti e dei processi del credito.

L’intersezione tra Fintech, investimenti e partnership strategiche, poi, delinea un panorama finanziario in evoluzione, dove la collaborazione tra attori emergenti e consolidati è essenziale per guidare l’industria verso nuovi orizzonti di innovazione e convenienza per i consumatori.
L’espansione dell’Open Banking prospetta una maggiore competizione nel settore bancario, e un miglioramento dell’offerta di servizi finanziari personalizzati, con investimenti più ridotti rispetto al passato, ma più focalizzati e produttivi.

Effetto carovita anche sui pet: quanto costa mantenere Fido e Micio?  

Se si considera che in Italia una famiglia in media possiede due animali domestici è facile immaginare come oggi anche il mantenimento dei pet sia una spesa importante all’interno del budget famigliare. In base alla tipologia di amico a quattro zampe posseduto si va infatti dai 780 euro ai 1.200 euro annuali.
È quanto emerge dall’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different.

Dal cibo al veterinario fino alle assicurazioni e agli accessori, ogni anno per mantenere un cane servono infatti in media quasi 600 euro, e poco meno di 390 euro per un gatto.
Insomma, il caro vita colpisce anche gli animali domestici.

Cibo e veterinario oggi costano di più


Il 59% di chi possiede un cane o un gatto (oltre 11 milioni di individui) ammette di aver riscontrato nell’ultimo anno rincari nei costi di mantenimento dell’animale. A registrare gli incrementi maggiori la spesa destinata al cibo: quasi 9 proprietari su 10 (89%) dichiarano che il prezzo degli alimenti è quello aumentato di più, seguito dai costi del veterinario, rincarati per più delle metà degli intervistati (51%).
Quanto al tipo di animale posseduto, tra i proprietari di Micio quasi 2 su 3 (64% vs 58% tra chi possiede Fido) dichiarano di aver dovuto far fronte a rincari.

Il 91% di chi ha fronteggiato rialzi per almeno un amico felino si lamenta soprattutto dell’aumento del cibo (vs 86% possessori di cani), mentre tra chi possiede un cane l’incremento maggiore è individuato nelle spese veterinarie (55% vs 49% per i proprietari di un gatto).

Una polizza per gli amici a quattro zampe

Se per i rincari delle spese alimentari non si può fare molto, è bene sapere che i costi di quelle veterinarie possono essere alleggeriti grazie alla sottoscrizione di una polizza specifica per gli amici a quattro zampe.
Sebbene i prodotti sul mercato siano molto diversificati in base alle garanzie comprese, secondo le simulazioni di Facile.it, è possibile trovare assicurazioni che includono responsabilità civile, rimborso delle spese veterinarie e tutela legale, con tariffe che partono da circa di 10 euro al mese per un’offerta base e che possono arrivare fino a quasi 20 euro per una copertura con massimali più elevati.

Ma in pochi li assicurano: solo il 29%

Ma su un totale di oltre 18,8 milioni di italiani che possiedono uno o più animali domestici solo il 29% dei proprietari (quasi 5,5 milioni) ha sottoscritto una copertura assicurativa. Nel caso di Fido, il 36%, e il 17% per Micio.
Il dato preoccupante è scoprire come il 7% di chi possiede un animale (1,3 milioni di italiani) non sia neanche a conoscenza dell’esistenza di polizze specifiche, mentre il 14% è intenzionato a stipularne una nel prossimo futuro.

Un tocco di personalità in più in casa con le insegne a LED

Hai mai pensato alle insegne a LED per aggiungere un tocco di personalità e stile in casa?

Queste moderne soluzioni di illuminazione sono disponibili in un’ampia varietà di forme, dimensioni e colori, e possono essere personalizzate per adattarsi al tuo gusto e alle tue esigenze.

Se non le conosci ancora, o non avevi pensato ancora a questo tipo di soluzione, di seguito ti spiegheremo perché fai bene a pensarci su.

Vantaggi delle insegne a LED per casa

Le insegne a LED per casa offrono numerosi vantaggi per la decorazione di interni. Ecco alcuni dei principali:

  • Consumi energetici ridotti e maggiore efficienza: Le insegne a LED consumano meno energia rispetto ad altre forme di illuminazione, come ad esempio i classici neon con gas.
  • Lunga durata e bassa manutenzione: I neon LED hanno una durata molto più lunga rispetto ai sistemi di illuminazione lampadine tradizionali.
  • Ampia scelta di colori ed effetti luminosi: Le insegne a LED offrono una vasta gamma di colori e possibilità di regolazione dell’intensità della luce. Puoi scegliere tonalità calde per creare un’atmosfera accogliente o colori vivaci per un tocco di vivacità e originalità.
  • Possibilità di personalizzazione: Le insegne a LED possono essere personalizzate per adattarsi allo stile e all’atmosfera desiderati. Puoi optare per insegne con scritte, loghi, forme o design unici, esprimendo la tua personalità e il tuo stile.

Come sfruttare le insegne a LED in casa

Le insegne a LED si prestano a molteplici tipi di utilizzi anche in casa, che vanno oltre la semplice illuminazione. Ecco alcuni dei modi più interessanti in cui puoi sfruttare queste soluzioni luminose:

  • Crea un’atmosfera accogliente e rilassante: Le insegne a LED possono essere utilizzate per creare un’atmosfera piacevole e rilassante in diverse aree della casa come il soggiorno, la camera da letto o la cucina. Puoi regolare l’intensità luminosa e la tonalità del colore per adattarle al tuo umore e alle tue esigenze.
  • Segnalazione e indicazione di spazi specifici: Le insegne a LED possono fungere da segnalazioni luminose per indicare spazi specifici in casa come l’ingresso o le scale.
  • Semplice elemento decorativo: Le insegne a LED sono un elemento decorativo che può esprimere al meglio la tua personalità ed il tuo stile. Puoi scegliere insegne con citazioni, parole significative o design particolari per aggiungere un tocco di originalità alle pareti di casa.

Come scegliere le insegne a LED più adatte per casa

Non è facile scegliere un’ insegna a LED per casa, ma ci sono alcune considerazioni da tenere in mente per individuare più velocemente il modello perfetto.

Rifletti innanzitutto sullo stile e l’atmosfera che desideri creare in casa. Se preferisci un’atmosfera accogliente e rilassante, opta per insegne con colori caldi e tonalità morbide. Se invece vuoi un infondere un tocco di vivacità e originalità, scegli insegne con colori vivaci e design particolari.

Valuta anche le dimensioni dell’insegna in relazione allo spazio in cui desideri posizionarla, facendo in modo che l’insegna sia proporzionata all’area circostante e che non risulti né troppo grande né troppo piccola.

Assicurati inoltre che le specifiche tecniche come la durata ed efficienza energetica, soddisfino le tue aspettative.

Idee creative per sfruttare al meglio le insegne a LED in casa

Se le insegne LED per casa ti affascinano ma non sai quale scegliere, di seguito di forniamo alcuni spunti utili che potrebbero aiutarti nel trovare l’idea giusta.

  1. Insegne con citazioni motivazionali: Scegli un’ insegna a LED con una citazione motivazionale o ispiratrice da posizionare in camera da letto o nello studio. Sarà un ottimo modo per iniziare la giornata con un messaggio positivo.
  • Insegne personalizzate per la cucina: Personalizza la tua cucina con un’ insegna a LED che mostri la parola “Cucina”, il nome di una pietanza o un design culinario. Darà un tocco speciale all’ambiente e renderà la cucina ancora più accogliente.
  • Insegne luminose per l’area del bar: Crea un’atmosfera da bar a casa tua con insegne a LED che mostrino parole come “Bar” o “Cocktails”. Posizionale sopra la tua area bar per un tocco di originalità e stile.
  • Insegne personalizzate per bambini: Scegli insegne a LED con il nome dei tuoi bambini per decorare le loro camere. Puoi anche optare per disegni o personaggi che amano per rendere lo spazio ancora più speciale.
  • Insegne luminose per il giardino: Aggiungi un tocco di magia al tuo giardino con delle belle insegne a LED da esterno. Puoi usarle per creare un’atmosfera romantica o semplicemente per aggiungere un elemento visivo accattivante.

Queste sono solo alcune idee per utilizzare adeguatamente le insegne a LED in casa. Scegli il tipo di insegna che meglio si adatta alle tue esigenze, dai libero sfogo alla tua creatività e divertiti a creare un’atmosfera unica nell’ambiente domestico.

Classifica delle università europee: Politecnico di Milano tra le prime 50

La conferma arriva dalla classifica europea delle migliori università stilata da QS Quacquarelli Symonds: è il Politecnico di Milano il migliore ateneo italiano. L’istituzione milanese si piazza al 47° posto nel ranking generale ed è l’unico ateneo italiano a figurare tra le prime cinquanta, mentre la Sapienza di Roma e le università di Bologna e Padova si posizionano tra le prime cento. Tra gli altri atenei italiani che si sono distinti in ognuno dei dodici indicatori della classifica, Ca’ Foscari – Università di Venezia occupa l’apice nazionale per il numero di studenti in scambio in uscita, seguita dall’Università Cattolica del Sacro Cuore al 6° posto in questa categoria, mentre il Politecnico di Bari si mette in luce per la produttività dei suoi ricercatori.

Altre eccellenze: dalla Sapienza alla Libera Università di Bozen-Bolzano

La Sapienza è invece particolarmente apprezzata nella comunità accademica internazionale, oltre ad avere una vasta rete di ricerca globale e ottime prospettive occupazionali per i suoi laureati, il Politecnico di Milano si distingue come il più apprezzato dai datori di lavoro internazionali e come punto di riferimento per attrarre studenti internazionali in scambio, e l’Università Vita-Salute San Raffaele brilla per il rapporto ottimale tra docenti e studenti, il notevole impatto della sua ricerca e le citazioni per pubblicazione scientifica. La Libera Università di Bozen-Bolzano si fa invece notare per l’alta proporzione di docenti internazionali.

La produttività della ricerca è un punto di forza tricolore

Nell’indicatore relativo alla produttività dei ricercatori, l’Italia occupa 25 posizioni tra i primi cento posti, superando Francia e Germania, che registrano 13 atenei ciascuno in questa fascia. A livello nazionale, sono i tre Politecnici di Bari, Torino e Milano a spiccare, seguiti dall’Università di Napoli Federico II e dall’Università di Firenze, che completano la top 5 italiana. Inoltre, l’Università di Milano-Bicocca si colloca tra le prime 150, mentre l’Università di Trento registra il terzo miglior punteggio a livello nazionale.

L’Università di Padova guida la classifica italiana della sostenibilità 

Per quanto riguarda l’indicatore di sostenibilità, che valuta l’impatto ambientale e sociale delle università, nonché la ricerca e l’insegnamento in questo ambito, è l’Università di Padova a guidare la classifica italiana, seguita dall’Università di Milano e dalla Sapienza. Come evidenzia poi un sondaggio che ha raccolto risposte da oltre 144.000 partecipanti, di tutte le università italiane 16 si collocano tra le prime 200 in Europa per la reputazione guadagnata all’interno della comunità accademica internazionale. La Sapienza e l’Università di Bologna figurano tra le prime 20, apprezzate da accademici di tutto il mondo, e il Politecnico di Milano si posiziona tra le prime 30, mentre l’Università di Padova è tra le prime 50 a livello europeo.